Mario vuole conquistare la città di Capsa

Marius, ut statuerat, oppida castellaque munita adit: partim vi, partim metu aut praemia ostentando avertit ab hostibus, quod Iugurtha existimabatur ob suos tutandos in manus venturus esse. Sed ubi regem procul abesse et aliis negotiis intentum esse Marius accepit maiora aggredi optimum visum est. Erat inter ingentes solitudines oppidum magnum atque valens, nomine Capsa, cuius conditor Hercules Lybis fuisse memorabatur. Eius potiendi Marium maxima cupido invaserat, non solum propter usum belli, sed etiam quia illi res aspera esse videbatur et Metellus oppidum Thalam magna gloria ceperat; id oppidum haud dissimiliter situm munitumque erat, sed apud Thalam haud longe a moenibus aliquot fontes erant, Capsenses unam modo fontem atque eam intra oppidum habebant. Aquae penuria facile tolerabatur quia Numidae plerumque lacte et ferina carne vescebantur, et neque salem neque alia irritamenta gulae quaerebant. Cibus illis adversus famem atque sitim, non causa libidinis neque luxuriae erat.

Sallustio

Mario, come aveva stabilito, assalì città e cittadelle fortificate: le sottrasse ai nemici in parte con la forza, in parte con la paura o facendo balenare la speranza di ricompense, perché si pensava che Giugurta sarebbe venuto a battaglia per difendere i suoi. Ma quando Mario venne a sapere che il re era molto lontano e intento in altre occupazioni, gli sembrò cosa migliore intraprendere imprese più importanti. In mezzo agli immensi deserti c’era una città grande e potente, di nome Capsa, il cui fondatore, si raccontava, era stato Ercole Libico. Un fortissimo desiderio di conquistarla aveva invaso Mario, non solo per l’utilità bellica, ma anche perché la conquista gli sembrava che fosse difficile e Metello aveva espugnato la città di Tala con grande gloria; quella città non era differentemente posizionata e fortificata, ma presso Tala vi erano alcune sorgenti non lontano dalle mura, i Capsesi avevano una sola fonte e dentro la città. La penuria di acqua era sopportata facilmente perché i Numidi si nutrivano per lo più di carne di selvaggina e di latte, e non cercavano nè il sale nè altro che ecciti la gola. Per loro il cibo era diretto contro la fame e la sete, non era occasione di piacere nè di sfrenatezza.