Meglio non rischiare…

Fabella docet: malo non alia mala addere praestat. Servus, qui dominum naturae asperae profugiebat, Aesopo occurrit, cui notus erat. Cui Aesopus dixit: «Cur tam confusus es?». Servus respondit: «Tibi clare dicam, quia vir fidus es. Dominus inhumanus est mihi infelici. Vita mea intolerabilis est. Plagae abundant, cibaria mihi desunt et numquam satur sum. Saepe dominus ad villam sine viatico me mittit. Dum dominus intus cenat, tota nocte persto; cum autem amicus eum invitat, in via permaneo usque ad lucem. Libertatem emereo, quod semper domino meo fideliter oboedivi, sed quamquam senex sum, adhuc servio. Ideo statui fugae me dare». Cui Aesopus: «Ergo sententiam meam exaudi: adhuc iniurias non fecisti, tamen a domino gravia incommoda accipis; quid (che cosa) tolerare debebis si post fugam dominus rursus te ceperit?». Quibus verbis Aesopus eum a fuga deterruit.

Fedro

La favoletta insegna: è preferibile non aggiungere altri mali ad un male. Un servo, che fuggiva un padrone d’indole violenta, si imbatté in Esopo, a cui era noto. Esopo gli disse: «Perché sei così turbato?». Il servo rispose: «Ti parlerò chiaramente, poiché sei un uomo leale. Il padrone è crudele con me, sventurato. La mia vita è insopportabile. Le percosse abbondano, i viveri mi mancano e non sono mai sazio. Spesso il padrone mi manda alla casa di campagna senza viatico. Mentre il padrone cena dentro, resto fermo tutta la notte; quando invece un amico lo invita, resto per strada fino all’alba. Merito la libertà, perché ho obbedito sempre con fedeltà al mio padrone, ma sebbene io sia vecchio, sono ancora un servo. Perciò ho deciso di darmi alla fuga». Esopo a lui: «Ebbene ascolta il mio pensiero: finora non hai commesso oltraggi, tuttavia subisci pesanti danni dal padrone; che cosa dovrai sopportare, se dopo la fuga il padrone ti prenderà di nuovo?». Con queste parole Esopo lo dissuase dalla fuga.