Milziade

Post proelium Marathonium classem septuaginta navium Athenienses Miltiadi dederunt, ut insulas, quae barbaros adiuverant, bello persequeretur. Quo imperio plerasque ad officium redire coegit, nonnullas vi expugnavit. Postea cum Parum insulam opibus elatam oratione reconciliare non posset, copias e navibus eduxit et propius muros accessit. Sed procul in continenti lucus, qui ex insula conspiciebatur, nocturno tempore incensus est. Cuius flamma ut ab oppidanis et oppugnatoribus visa est, utrisque venit in opinionem signum a classariis regiis datum esse. Quo factum est ut et Parii a deditione deterrerentur et Miltiades, timens ne classis regia adventaret, incensis operibus, Athenas magna cum offensione civium suorum rediret. Accusatus est ergo proditionis, quod, cum Parum expugnare posset, a rege corruptus infectis rebus discessisset. Causa cognita, capitis absolutus, pecunia multatus est. Hanc pecuniam quod solvere in praesentia non poterat, in vincula publica coniectus est ibique diem obiit supremum.

Cornelio Nepote

Dopo la battaglia di Maratona gli Ateniesi diedero a Milziade una flotta di settanta navi, affinché muovesse guerra alle isole che avevano aiutato i barbari. Durante questo incarico ne costrinse la maggior parte a ritornare all’obbedienza, alcune le espugnò con la forza. In seguito, poiché non poteva riconciliare con la persuasione l’isola di Paro superba della sua potenza, vi sbarcò le truppe e si accostò più vicino alle mura. Ma lontano sulla terraferma un bosco, che si vedeva dall’isola, durante la notte prese fuoco. Come la fiamma di questo incendio fu vista dagli assediati e dagli assedianti, ad entrambi venne il sospetto che fosse un segnale inviato dai marinai del re. Perciò avvenne che da una parte gli abitanti di Paro si trattennero dalla resa, dall’altra Milziade, temendo che la flotta regia sopraggiungesse, bruciate le macchine d’assedio, ritornò ad Atene con grande irritazione dei suoi concittadini. Quindi fu accusato di tradimento, perché, pur potendo espugnare Paro, si era ritirato senza aver nulla concluso essendo stato corrotto dal re. Fatto il processo, fu assolto dall’accusa capitale, venne condannato ad una somma di denaro. Poichè non poteva al momento pagare questo denaro, fu imprigionato nel carcere dello Stato e là morì.