Paure di un tiranno

Dionysius Syracusanorum tyrannus abundabat et aequalium familiaritatibus et consuetudine propinquorum, habebat etiam more Graeciae adulescentes amore coniunctos sed nemini eorum credebat. Quin etiam ne tonsori collum committeret, tondere filias suas docuit. Ita sordido ancillarique artificio regiae virgines ut tonstriculae tondebant barbam et capillum patris. Et tamen ferrum removit ab eis ipsis, cum iam adultae erant instituitque ut candentibus iuglandium putaminibus barbam sibi et capillum adurerent. Et postquam fossam latam cubiculari lecto circumdederat eiusque fossae transitum ponticulo ligneo coniunxerat, eum ipsum, cum forem cubiculi clauserat, detorquebat. Atque ubi pila ludebat – studiose enim id factitabat – tunicamque ponebat et adulescentulo, quem amabat, gladium tradebat. Olim quia amicus iocans dixit: «Huic quidem certe vitam tuam committis», adrisitque adulescens, utrumque iussit interfici, alterum, quia demonstraverat viam interimendi sui, alterum, quia dictum id risu adprobaverat.

Cicerone

Dionigi, tiranno dei Siracusani, abbondava sia di amicizie di coetanei sia di rapporti con i parenti, aveva anche, secondo l’usanza della Grecia, dei giovani legati da affetto ma non si fidava di nessuno di loro. Anzi per non affidare il collo al barbiere, insegnò alle sue figlie a radere. Così le fanciulle regali, come parrucchiere da quattro soldi, con un mestiere squallido e servile, tagliavano la barba e i capelli del padre. E tuttavia allontanò il rasoio dalle stesse, quando ormai erano diventate adulte e decise che gli bruciassero la barba e i capelli con i gusci incandescenti delle noci. E dopo che aveva scavato intorno al letto della camera da letto un grande fossato e aveva unito il transito di questo fossato con un ponticello di legno, quando aveva chiuso la porta della stanza, lo ritirava. E quando giocava a palla – lo faceva infatti spesso con passione – deponeva la tunica e consegnava la spada al giovinetto, che amava. Un giorno poiché un amico scherzando disse: «Almeno a costui affidi la tua vita», e il giovane sorrise, ordinò che fossero uccisi entrambi, l’uno, perché aveva indicato un modo per ucciderlo, l’altro, perché aveva approvato quella battuta con un sorriso.