Ritratto poco edificante di un magistrato romano

Syracusis ita vivebat iste bonus imperator hibernis mensibus ut eum non facile non modo extra tectum, sed ne extra lectum quidem quisquam viderit; ita diei brevitas conviviis, noctis longitudo stupris et flagitiis continebatur. Cum autem ver esse ceperat – cuius initium iste non a Favonio neque ab aliquo austro notabat, sed, cum rosam viderat, tum incipere ver arbitrabatur – dabat se labori atque itineribus; in quibus eo usque se praebebat patientem atque impigrum ut eum nemo umquam in equo sedentem viderit. Nam, ut mos fuit Bithiniae regibus, lectica octaphoro ferebatur, in qa pulvinus era perlucidus, rosa fartus. Ipse autem coronam habebat unam in capite, alteram in collo. Sic confecto itinere, cum ad aliquod oppidum venerat, eadem lectica usque in cubiculum deferebatur. Eo veniebant Siculorum magistratus, veniebant equites Romani; controversiae secreto defendebantur, paulo post palam decreta auferebantur. Deinde ubi paulisper in cubiculo pretio non aequitate iura discripserat, arbitrabatur Veneri et Libero reliquum tempus deberi.

Cicerone

A Siracusa questo bravo comandante viveva nei mesi invernali in modo tale che difficilmente qualcuno lo vide non solo fuori di casa, ma neppure fuori dal letto; la brevità del giorno consisteva in banchetti, la lunghezza della notte (consisteva) in stupri e nefandezze. Ma quando cominciava ad essere primavera – l’inizio della quale costui non notava dallo zefiro né da alcun vento di mezzogiorno, ma, quando aveva visto una rosa, allora riteneva cominciasse la primavera – si dava alla fatica e ai viaggi; in questi si dimostrava a tal punto resistente e attivo, che mai nessuno lo vide che sedeva a cavallo. Infatti, come fu usanza per i re della Bitinia, veniva trasportato su una lettiga portata da otto uomini, sulla quale vi era un cuscino trasparente, riempito di rosa. Egli stesso aveva una ghirlanda sul capo, un’altra al collo. Portato così a termine il viaggio, quando era giunto in una qualche città, dalla medesima lettiga veniva portato nella camera da letto. Là si recavano i magistrati dei Siculi, si recavano i cavalieri Romani; le cause venivano assegnate in segreto, poco dopo i decreti venivano portati via apertamente. Poi, quando nella camera da letto aveva assegnato per un po’ le ragioni non secondo la giustizia, ma secondo il prezzo, riteneva che il restante tempo si dovesse a Venere e a Libero.