Tarquinio il Superbo di fronte a un prodigio

Haec agenti portentum terribile visum: anguis ex columna lignea elapsus cum terrorem fugamque in regia fecisset, ipsius regis non tam subito pavore perculit pectus quam anxiis implevit curis. Itaque cum ad publica prodigia Etrusci tantum vates adhiberentur, hoc velut domestico exterritus visu Delphos ad maxime inclitum in terris oraculum mittere statuit. Neque responsa sortium ulli alii committere ausus, duos filios per ignotas ea tempestate terras, ignotiora maria in Graeciam misit. Titus et Arruns profecti; comes iis additus L. Iunius Brutus, Tarquinia, sorore regis, natus, iuvenis longe alius ingenii quam cuius simulationem induerat. Is [cum primores civitatis, in quibus fratrem suum, ab avunculo interfectum audisset, neque in animo suo quicquam regi timendum neque in fortuna concupiscendum relinquere statuit contemptuque tutus esse ubi in iure parum praesidii esset. Ergo] ex industria factus ad imitationem stultitiae, cum se suaque praedae esse regi sineret, Bruti quoque haud abnuit cognomen ut sub eius obtentu cognominis liberator ille populi Romani animus latens opperiretur tempora sua.

Esperienze di traduzione – Pag.190 n.17 – Livio

Nel bel mezzo di queste iniziative, si assistette a un prodigio tremendo: da una colonna di legno sbucò fuori un serpente che gettò nel panico il palazzo reale. Quanto al re, la sua reazione non fu di improvviso terrore ma di ansia e preoccupazione. Per i prodigi di carattere pubblico Tarquinio consultava soltanto gli indovini etruschi. Ma in questo caso, spaventatissimo da un fenomeno che sembrava interessare la sua casa, stabilì che fosse interrogato l’oracolo di Delfi, il più famoso del mondo. Non osando però affidarne a nessun altro il responso, mandò due dei suoi figli in Grecia attraverso terre a quel tempo ignote e attraverso mari ancora più ignoti. Tito e Arrunte partirono. Al loro séguito si imbarcò anche Lucio Giunio Bruto, figlio di Tarquinia, sorella del re, giovane dal carattere completamente diverso da quello che dava a vedere. [Quando era venuto a sapere che i personaggi più in vista della città, e tra questi suo fratello, erano stati eliminati dallo zio, aveva deciso di rinunciare a ogni atteggiamento e a ogni successo economico che avrebbero potuto innervosire il re o suscitarne l’invidia, e si era risolto a cercare la sicurezza nel disprezzo, visto che la giustizia offriva ormai ben poca protezione. Così,] facendo apposta l’imbecille e lasciando che il re disponesse liberamente della sua persona e delle sue sostanze, non aveva rifiutato nemmeno il soprannome di Bruto, per mascherare il grande coraggio che, una volta scoccata l’ora fatale, lo avrebbe spinto a liberare il popolo romano.