Un momento dell’eruzione del Vesuvio

Praeterea mare in se resorberi et tremore terrae quasi repelli videbamus. Certe processerat litus, multaque animalia maris siccis harenis detinebat. Ab altero latere nubes atra et horrenda, ignei spiritus tortis vibratisque discursibus rupta, in longas flammarum figuras dehiscebat; fulguribus illae et similes et maiores erant. Tum vero idem ille ex Hispania amicum acrius et instantius «Si frater» inquit «tuus, tuus avunculus vivit, vult esse vos salvos; si periit, superstites voluit. Proinde quid cessatis evadere?». Respondimus non commissuros nos esse ut de salute illius incerti nostrae consuleremus. Non moratus ultra proripit se effusoque cursu periculo aufertur. Nec multo post illa nubes descendere in terras, operire maria; cinxerat Capreas et absconderat, Miseni quod procurrit abstulerat.

Plinio il Giovane

Inoltre vedevamo il mare rifluire e quasi essere respinto dal tremore della terra. La costa era certamente avanzata, e tratteneva molti animali marini sulla sabbia asciutta. Dall’altro lato una nube nera e orrenda, squarciata da guizzi scintillanti e intrecciati di soffi di fuoco, si apriva in lunghe lingue di fiamme; quelle erano simili e più grandi delle folgori. Appunto allora quello stesso amico proveniente dalla Spagna disse in modo più energico e pressante “Se tuo fratello, tuo zio vive, vuole che voi siate salvi; se è morto, ha voluto che sopravviveste. Dunque perché tardate a fuggire?”. Gli rispondemmo che noi, incerti riguardo alla sua salvezza, non avremmo tentato di provvedere alla nostra. Non indugiando oltre, egli fuggì rapidamente e con una corsa precipitosa si allontanò dal pericolo. Non molto tempo dopo quella nube discese sulla terra, coprì il mare; aveva cinto e nascosto Capri, aveva sottratto (alla vista) ciò che di Miseno si protende (verso il mare).