L’insensata fermezza di Gneo Pisone

Gnaeus Piso fuit vir a multis vitiis integer, sed pravus et cui placebat pro constantia rigor. Is duci ad mortem iusserat militem, qui ex commeatu sine commilitone redierat, quasi eum interfecisset, nec reo dedit tempus aliquod ad conquirendum. Damnatus extra vallum productus est et iam cervicem porrigebat, cum subito apparuit ille commilito qui occisus videbatur. Tunc centurio supplicio praepositus condere gladium speculatorem iubet, damnatum ad Pisonem reducit. Furens Piso iubet ad mortem duci utrumque. Quid hoc indignius? Quia unus innocens apparuerat, duo peribant. Piso adiecit et tertium. Nam ipsum centurionem, qui damnatum reduxerat, duci iussit. Constituti sunt in eodem illo loco perituri tres ob unius innocentiam. O quam sollers est iracundia ad fingendas causas furoris! «Te – inquit – duci iubeo, quia damnatus es; te, quia causa damnationis commilitoni fuisti; te, quia, iussus occidere, imperatori non paruisti».

Seneca

Gneo Pisone fu un uomo estraneo a molti vizi, ma malvagio e a cui sembrava giusta la severità invece della coerenza. Egli aveva condannato a morte un soldato, che era ritornato dall’approvvigionamento senza il commilitone, come se l’avesse ucciso, e non concesse all’accusato un po’ di tempo per cercarlo. Il condannato fu condotto fuori dal vallo e già porgeva il collo, quando all’improvviso comparve quel commilitone che sembrava essere stato ucciso. Allora il centurione preposto al castigo ordinò al boia di riporre la spada, ricondusse il condannato da Pisone. Pisone, furente, ordinò che entrambi fossero condotti a morte. Che cosa più vergognoso di questo? Poiché uno si era rivelato innocente, due morivano. Pisone ne aggiunse anche un terzo. Infatti ordinò che fosse condotto a morte lo stesso centurione, che aveva riportato indietro il condannato. Nel medesimo luogo furono collocati i tre destinati a morire per l’innocenza di uno solo. O quanto è abile l’iracondia nell’escogitare cause di furore! «Ordino che tu – disse – sia condotto a morte, perché sei stato condannato; tu, poiché sei stato la causa della condanna per il commilitone; tu, poiché, pur essendoti stato ordinato di uccidere, non hai obbedito al generale».