Una vita… da persiano

Artaxerses rex Themistoclis animi magnitudine stupens cupiensque talem virum sibi conciliari, veniam dedit. Ille omne illud tempus litteris sermonique Persarum se dedidit: illis adeo eruditus est, ut commode apud regem verba faceret et superaret illos quoque principes qui de Perside erant. Hic, postquam multa regi promiserat et consilia dederat ut Graeciam bello tandem opprimeret, magnis muneribus ab Artaxerse receptis in Asiam denuo contendit et domicilium Magnesiae sibi constituit. Namque hanc urbem ei rex donaverat, his quidem verbis, ut ei panem praeberet, Lampsacum autem, ut vinum sumeret, deinde Myunta (“Miunta”, città della Caria), ut obsonium haberet. Huius ad nostram memoriam monumenta manserunt duo (“due”, nom. n.): sepulchrum prope oppidum, in quo est sepultus, statua in foro Magnesiae. Thucydides memoriae prodidit ossa eius in Attica ab amicis clam esse sepulta: nam legibus non concedebatur ut domi sepeliretur qui erat damnatus (regge il gen.) proditionis.

Cornelio Nepote

Il re Artaserse, stupendosi della grandezza d’animo di Temistocle e desiderando rendersi amico un tale uomo, concesse il perdono. Egli per tutto quel periodo si dedicò alla cultura e alla lingua dei Persiani: fu a tal punto istruito in esse, che parlava agevolmente dinanzi al re e superava anche quelli più ragguardevoli che erano della Persia. Costui, dopo che ebbe promesso al re molte cose e aveva dato consigli per assalire una buona volta la Grecia con la guerra, ricevuti importanti doni da Artaserse, si diresse nuovamente in Asia e si scelse il domicilio a Magnesia. Infatti il re gli aveva donato questa città, per di più con queste parole, affinché gli fornisse il pane, mentre Lampsaco, affinché prendesse il vino, poi Miunta, affinché avesse il companatico. Di costui sono rimasti fino alla nostra epoca due monumenti: il sepolcro nei pressi della città, in cui fu sepolto, una statua nel foro di Magnesia. Tucidide tramandò che le sue ossa furono sepolte di nascosto dagli amici in Attica: infatti dalle leggi non era consentito che si seppellisse in patria chi era stato condannato per tradimento.