Accusa di empietà nei confronti di Alcibiade

Peloponnesio, Graeciis pugnantibus inter se, cum res in maximis periculis esset, Athenienses bellum Syracusanis indixerunt ut maris imperium propagarent; ad quod bellum Alcibiades ipse dux delectus est qui exercitum ageret. Athenis inimici eius decreverunt se illi nocituros esse dum cum ingenti classe navigat Siciliam; itaque magna cum calliditate insidias paraverunt, quibus iuvenem ducem detrectatum iri sperabant.  Sed ipsam patriam quoque laesum iri non intellexerunt. Difuso nuntio Alcibiadem in insulam pervenisse, qui inimici eius erant, ii reum illum fecerunt, quia sacra violavisset et sanctissima Mercurii  simulacra mutilavisset. Qua de re postquam ei mandatum missumest, ut domum quam celerrime sua sponte remearet et Athenis causam diceret, ille non parere noluit et in triremem ascendit. Cum autem Turios pervenisset et putaret sibi melius esse publicam causam vitare et ista pericula repellere, apud Lacedaemones confugit, quibus auxilium contra Athenienses praebuit; itaque postea idem patriae suae proditor putatus est.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.352 n.6 – Cornelio Nepote

Durante la guerra del Peloponneso, mentre i Greci lottavano fra di loro, essendo la situazione in grande pericolo, gli Ateniesi dichiararono guerra ai Siracusani per aumentare il loro predominio sul mare; per questa guerra Alcibiade in persona fu delegato come capo in capo per condurre l’esercito. I suoi nemici in Atene decisero di danneggiarlo mentre con una grandissima flotta naviga verso la Sicilia; e così gli organizzarono con grande astuzia, un stratagemma, con il quale speravano di screditare il giovane generale. Ma non capirono che avrebbero rovinato anche la patria stessa. Dal momento che fu diffusa la notizia che Alcibiade era giunto sull’isola coloro che erano i suoi nemici lo accusarono di aver violato le leggi sacre e di aver violato le molto venerate immagini di Mercurio. Dopo che gli fu recapitato il mandato di presentarsi per tale, perché tornasse il più presto possibile ad Atene di sua volontà ad affrontare la causa, egli non volle disobbedire e salì su di una trireme. Ma quando giunse a Turi e ritenne che fosse meglio per lui sottrarsi il pubblico giudizio e rintuzzare questi pericoli, fuggì presso i Lacedemoni, ai quali offrì sostegno contro gli Ateniesi; e così fu poi ritenuto traditore della sua patria.