Capacità strategiche di Annibale

Ad Alpes posteaquam venit, quae Italiam ab Gallia seiungunt, quas nemo umquam cum exercitu ante eum praeter Herculem Graium transierat, quo facto is hodie saltus Graius appellatur, Alpicos conantes prohibere transitu concidit; loca patefecit, itinere muniit, effecit ut ea elephantus ornatus ire posset, qua antea unus homo inermis vix poterat repere. Hac copias traduxit in Italiamque pervenit, ubi Romanos multis proeliis vicit. Cannensi pugna pugnata, Romam profectus est, nullo resistente. In propinquis urbi montibus moratus est. Cum aliquot ibi dies castra habuisset et Capuam reverteretur, Q. Fabius Maximus, dictator Romanus, in agro Falerno ei se obiecit. Hic clausus locorum angustiis noctu, sine ullo detrimento exercitus, se expedivit. Namque, obducta nocte, sermenta in cornibus iuvencorum deligata incendit eiusque generis multitudinem magnam dispalatam immisit: tantum terrorem iniecit exercitui Romanorum, ut egredi extra vallum nemo sit ausus. Longum est omnia enumerare proelia. Quare hoc unum erit dictum, ex quo intellegi possit, quantus ille fuerit: quamdiu in Italia fuit, nemo ei in acie restitit, nemo adversus eum post Cannensem pugnam in campo castra posuit.

Cornelio Nepote

Quando giunse alle Alpi, che separano l’Italia dalla Gallia, che nessuno prima di lui aveva mai attraversato con un esercito eccetto il Greco Ercole, per questo motivo oggi sono chiamate Alpi Graie, sterminò gli Alpigiani che tentavano di impedirgli il passaggio; aprì varchi, costruì strade, fece in modo che un elefante equipaggiato potesse avanzare là dove prima un uomo solo senz’armi poteva muoversi a fatica. Per questa via fece passare le milizie e giunse in Italia, dove sconfisse i Romani in molte battaglie. Combattuta la battaglia di Canne, si mise in cammino verso Roma, senza che nessuno si opponesse. Si fermò sui monti vicini alla città. Dopo aver tenuto lì l’accampamento per alcuni giorni e mentre ritornava a Capua, nell’agro Falerno gli si parò davanti Quinto Fabio Massimo, dittatore Romano. Egli, seppur bloccato dalle strettezze di luoghi, durante la notte si trasse d’impaccio, senza alcun danno per l’esercito. Infatti, nell’oscurità della notte, bruciò delle fascine legate sulle corna dei buoi e lanciò un gran numero di questi animali scorazzanti qua e là: suscitò un terrore così grande nell’esercito Romano, che nessuno osò uscire dal vallo. Sarebbe lungo elencare tutte le battaglie. Perciò sarà detta quest’unica cosa, da cui si può capire quanto egli sia stato grande: per tutto il tempo in cui fu in Italia, nessuno gli resistette in battaglia, nessuno dopo la battaglia di Canne pose l’accampamento in campo aperto di fronte a lui.