Cesare riceve da Ariovisto alcune comunicazioni

Biduo post Ariovistus ad Caesarem legatos misit: velle se de iis rebus quae inter eos agi coeptae neque perfectae essent agere cum eo: uti aut iterum conloquio diem constitueret aut, si id minus vellet, ex suis legatis aliquem ad se mitteret. Conloquendi Caesari causa visa non est, et eo magis quod pridie eius diei Germani retineri non potuerant quin tela in nostros coicerent. Legatum ex suis sese magno cum periculo ad eum missurum et hominibus feris obiecturum existimabat. Commodissimum visum est C. Valerium Procillum, C. Valerii Caburi filium, summa virtute et humanitate adulescentem, cuius pater a C. Valerio Flacco civitate donatus erat, et propter fidem et propter linguae Gallicae scientiam, qua multa iam Ariovistus longinqua consuetudine utebatur, et quod in eo peccandi Germanis causa non esset, ad eum mittere, et una M. Metium, qui hospitio Ariovisti utebatur. His mandavit quae diceret Ariovistus cognoscerent et ad se referrent. Quos cum apud se in castris Ariovistus conspexisset, exercitu suo praesente conclamavit: quid ad se venirent? an speculandi causa? Conantes dicere prohibuit et in catenas coniecit.

Cesare

Due giorni dopo Ariovisto inviò ambasciatori a Cesare: voleva discutere con lui di quegli argomenti che si erano cominciati a discutere tra loro e non erano stati conclusi: che quindi fissasse di nuovo un giorno per il colloquio, oppure, se non lo volesse, che almeno gli inviasse qualcuno dei suoi ambasciatori. A Cesare non sembrò un motivo per un colloquio, e tanto più perché il giorno prima di quel giorno i Germani non si erano potuti trattenere dal lanciare dardi contro i nostri. Ma Cesare stimava che gli avrebbe mandato un luogotenente dei suoi con gran pericolo e l’avrebbe esposto a uomini crudeli. Sembrò assai opportuno mandargli Gaio Valerio Procillo, figlio di Gaio Valerio Caburio, giovane di grandissimo valore ed educazione, al cui padre era stata concessa la cittadinanza da Gaio Valerio Flacco, sia per la lealtà sia per la conoscenza della lingua Gallica, di cui Ariovisto si serviva molto per lunga consuetudine, e perché i Germani non avevano motivo di commettere una mancanza verso di lui, e insieme Marco Mezio, che godeva dell’ospitalità di Ariovisto. Ordinò a questi di apprendere e riferirgli le cose che diceva Ariovisto. Ariovisto, dopo che li ebbe visti davanti a sé nell’accampamento, gridò dinanzi al suo esercito: perché venivano da lui? Forse per spiare? Proibì di parlare a loro che tentavano e li gettò in catene.