Chi la fa…

Vulpecula ciconiam ad cenam invitavit et in catino escam liquidam posuit. Nullo modo autem ciconia cibum gustare potuit (poté). Aliquanto post ciconia gratiam rependit et lagoenam cibi intriti (intritus, tritato) plenam in mensam posuit. Tum ea longo collo manducare incepit, dum vulpecula lagoenae collum frustra lambit. Statim vulpecula eius iniuriam sensit et suscensuit, sed ciconia hospitam suam sic monuit: «Amica mea, ego contumeliam tuam toleravi, nunc tolera tu meam». Fabella docet: aequo animo alterius exempla sustinere debemus.

Fedro

Una piccola volpe invitò a cena la cicogna e pose in un piatto fondo un cibo liquido. Ma la cicogna in nessun modo poté gustare il cibo. Alquanto tempo dopo la cicogna contraccambiò il favore e pose in tavola un’anfora piena di cibo tritato. Allora lei, con il suo lungo collo, comincia a mangiare, ma la piccola volpe lecca inutilmente il collo dell’anfora. Subito la piccola volpe si rese conto del suo (= della cicogna) affronto, ma la cicogna ammonì così la sua ospite: «Amica mia, io ho sopportato la tua offesa, ora tu sopporta la mia». La storiella insegna: dobbiamo sopportare con animo sereno le consuetudini dell’altro.