Come non ammirare Archia?

Quotiens ego hunc Archiam vidi, iudices, cum litteram scripsisset nullam, magnum numerum optimorum versuum dicere ex tempore! Quae vero adcurate cogitateque scripsisset, ea sic vidi probari, ut ad veterum scriptorum laudem perveniret. Hunc ego non diligam? Non admirer? Non omni ratione defendendum putem? Atque sic a summis hominibus eruditissimisque accepimus, ceterarum rerum studia et doctrina et praeceptis et arte constare: poetam natura ipsa constat valere, et mentis viribus excitari, et quasi divino quodam spiritu inflari. Qua re suo iure noster ille Ennius sanctos appellat poetas, quod quasi deorum aliquo dono atque munere commendati nobis esse videantur.

Cicerone

Quante volte, o giudici, ho visto Archia pronunciare un gran numero di ottimi versi in base alla circostanza, nonostante non avesse scritto nessuna sillaba! Ciò che invece aveva scritto in maniera accurata e ponderata, l’ho visto essere così apprezzato, da giungere alla lode degli antichi scrittori. Non dovrei apprezzare costui? Non dovrei ammirarlo? Non dovrei pensare di doverlo difendere con ogni mezzo? E così dagli uomini più grandi e colti abbiamo appreso, che gli studi delle altre discipline si fondano sulla teoria, gli insegnamenti e il talento: il poeta è valido per (sua) stessa natura, è spinto dagli impulsi della mente, è animato come da uno spirito divino. Per questo a buon diritto il nostro celebre Ennio chiama sacri i poeti, poiché sembra quasi che ci siano stati affidati come un dono degli dèi.