Dopo la morte di Alessandro Magno

Ubi Alexander e vita decessit, gentes, quae (“le quali”, nom. plur. f.) ab Alexandro victae erant, nuntio regis mortis idem non habuerunt (idem habeo “prestare fede a” + dativo), quia, ut invictum (“invincibile”) regem viderant, sic immortalem (“immortale”) existimaverunt. Ut vero (“però”) mors regis certa fuit, barbarae gentes, quamquam Alexandri causa et viros et liberos et amicos amiserant, eum (“lui”, acc. sing. m.) non ut hostem, sed ut patrem luxerunt (da lugeo, es, luxi, ēre, “piangere”). Mater quoque Darei regis, quae (“la quale”, nom. sing. f.), etsi et ilium et regnum amiserat, tamen in eam diem (“ino a quel giorno”) vivere non cessaverat, mortem sibi conscivit (“si suicidò”), quia pietatem ilii in eo quem (“in quello che”) ut hostem timuerat, cognoverat.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.125 n.32 – Curzio Rufo

Quando Alessandro morì, i popoli che erano stati vinti da Alessandro, non prestarono fede alla notizia della morte del re, poiché, come avevano visto il re invincibile, così l’avevano ritenuto immortale. Ma quando la morte del re fu certa, i popoli barbari, sebbene a causa di Alessandro avessero perso uomini, figli e amici, lo piansero non come un nemico, ma come un padre. Anche la madre del re Dario, la quale, sebbene avesse perso il figlio e il regno, tuttavia fino a quel giorno non aveva cessato di vivere, si suicidò, poiché aveva conosciuto la devozione di un figlio in quello che aveva temuto come nemico.