Epaminonda evita la pena di morte

Postquam domum redierunt, Epaminondas et eius collegae hoc crimine accusabantur. Epaminondas omnem causam in se transtulit et collegis permisit ut illud factum culpae suae tribuerent. Illis periculo liberatis, nemo Epaminondam responsurum esse putabat, quod quid diceret non habebat. At ille in iudicium venit, nihil negavit earum rerum, quae adversarii ei crimini dabant, nihil de poena recusavit sed petivit ut in sepulcro suo inscriberent: «Epaminondas a Thebanis morte multatus est, quod eos coegit apud Leuctra superare Lacedaemonios et quod uno proelio non solum Thebas ab interitu retraxit sed etiam universam Graeciam in libertatem vindicavit». Haec cum dixisset, risus omnium cum hilaritate coortus est, neque ullus iudex ausus est de eo ferre suffragium. Sic a iudicio capitis maxima gloria discessit.

Cornelio Nepote

Dopo esser ritornati in patria, Epaminonda e i suoi colleghi venivano accusati dei questo crimine. Epaminonda fece ricadere tutta la questione su di sè e permise ai colleghi di attribuire quel fatto ad una sua colpa. Una volta che quelli erano stati liberati dal pericolo, nessuno credeva che Epaminonda si sarebbe presentato, perché non aveva nulla da sostenere. Invece egli andò in tribunale, non negò nulla di quelle cose che gli avversari imputavano a sua accusa, non rifiutò la pena, ma chiese che scrivessero sulla sua tomba: “Epaminonda è stato condannato a morte dai Tebani, perché li costrinse presso Leuttra a sconfiggere gli Spartani e per il fatto che con un unico combattimento non solo salvò Tebe dalla rovina, ma liberò anche tutta quanta la Grecia”. Dopo che aveva pronunciato queste parole, scoppiò con allegria una risata generale, e nessun giudice osò votarlo. Così da un giudizio capitale ne uscì con la massima gloria.