I miei Penati e quelli della Patria chiedono il mio ritorno

[Clodio, con le sue mani scelleratissime ha sradicato tetti e radici, ha pensato di dover radere al suolo questa sola casa, come si fa con quella del più eroico difensore quando si è conquistata una città, ecco che i miei dei Penati e familiari grazie a voi saranno restituiti con me alla patria.]
Quocirca te, Iuppiter Capitoline, quem propter beneficia populus Romanus Optimum, propter vim Maximum nominavit, teque, Iuno Regina, et te, custos urbis, Minerva. Vos quoque precor, patrii penates familiaresque, qui maxime me repetistis atque revocastis, qui huic urbi et rei publicae praesidetis. Vos obtestor (“chiamo a testimoni”), quorum ego a templis atque delubris pestiferam illam et nefariam flammam Catilinae depuli, teque, Vesta mater, cuius castas sacerdotes ab hominum amentium furore et scelere defendi, cuiusque ignem illum sempiternum non toleravi aut sanguine civium restingui (“estinguere”) aut cum totius urbis incendio commiseri (“compatire”) commisceri (“contaminare”). In illo paene fato rei publicae obieci meum caput pro vestris caerimoniis atque templis perditis perditissimorum (probabilmente si è verificato un errore di trascrizione dal testo classico) civium furori atque ferro. [Allora ho offerto me stesso e la mia vita a questa condizione: che, se in quel momento e prima nel mio consolato, io non avessi pensato a nulla se non alla salvezza dei miei concittadini, con tutto quello che ho ? risorse, ricchezze, donativi, preoccupazione, intelligenza, notti insonni ? mi fosse concesso un giorno di vivere in uno Stato nuovamente libero.]

Cicerone

Per questo imploro te, Giove Capitolino, che il popolo Romano designò Ottimo per i benefici, Massimo per la forza, e te, Giunone Regina, e te, Minerva, custode della città. Imploro anche voi, penati della patria e domestici, che mi avete soprattutto rivendicato e richiamato, che proteggete questa città e questo stato. Chiamo a testimoni voi, dai cui templi e santuari ho respinto quel funesto e nefando fuoco di Catilina, e te, madre Vesta, le cui caste sacerdotesse ho difeso dalla follia e dal crimine di uomini forsennati, il cui sacro fuoco perenne non ho permesso che fosse estinto dal sangue dei cittadini o contaminato dall’incendio dell’intera città. In quel giorno quasi fatale per la repubblica ho esposto la mia vita alla follia e alle armi di cittadini scelleratissimi in difesa delle vostre cerimonie e dei vostri templi.