I Romani sconfiggono i Galli

Prima luce Gallorum copiae haud procul a Romanorum castris cernebantur. Tum Labienus, Caesaris legatus, vehementi oratione Romanorum militum animos confirmavit et eos de pristina virtute admonens signum proelii dedit. Cum a dextra parte hostes procurrerunt, ubi septima legio constiterat, a nostris repulsi in fugam coniecti sunt; a sinistra parte quamquam (“anche se”) primi ordines hostium transfixi pilis ceciderant, tamen acriter reliqui Galli resistebant nec fugae suspicionem dabant. Dux hostium Camulogenus fortiter repugnabat, ad virtutem suos excitans. Diu incertum proelium fuit, sed tandem septima legio nostris laborantibus auxilio missa est et in hostes propugnantes procurrit. Galli fortiter restiterunt, sed plerique circumventi necabantur. Eandem (“medesima”, acc. f. sing.) fortunam habuit Camulogenus. Hostes qui (“i quali”, nom.) ad castra praesidio relicti erant, ad nuntium cladis subsidio suis venerunt collemque armis ceperunt, sed nostrorum militum impetum (“attacco”, acc. m. sing.) non sustinuerunt et cum suis fugientibus permixti a Romanorum equitibus interfecti sunt.

Cesare

Sul far dell’alba le armate dei Galli si scorgevano non lontano dall’accampamento dei Romani. Allora Labieno, luogotenente di Cesare, con un veemente discorso rinsaldò gli animi dei soldati Romani e, rammentando loro l’antico valore, diede il segnale della battaglia. Quando i nemici avanzarono correndo dalla parte destra, dove si era posizionata la settima legioni, respinti dai nostri furono messi in fuga; anche se dalla parte sinistra le prime schiere dei nemici, trafitte dai giavellotti, erano cadute, tuttavia gli altri Galli resistevano con ardore e non davano il sospetto della fuga. Il comandante dei nemici, Camulogeno, resisteva combattendo con forza, incitando i suoi al valore. Il combattimento fu a lungo incerto, ma alla fine la settima legione fu mandata in aiuto ai nostri, che erano in difficoltà, e si slanciò contro i nemici che resistevano. I Galli tennero testa con vigore, ma parecchi, circondati, venivano uccisi. La medesima sorte ebbe Camulogeno. I nemici, che erano stati lasciati a difesa dell’accampamento, alla notizia del massacro vennero in soccorso ai loro compagni e occuparono il colle con le armi, ma non sostennero l’attacco dei nostri soldati e, mescolatisi con i loro compagni che fuggivano, furono uccisi dai cavalieri dei Romani.