Il duello tra gli Orazi e i Curiazi

Forte in duobus tum exercitibus erant trigemini fratres nec aetate nec viribus dispares. Horatios Curiatiosque fuisse constat. Reges petunt a trigeminis, ut pro sua patria dimicent ferro. Foedere icto trigemini, sicut convenerat, arma capiunt. Romani et Albani utrosque adhortantur, dicentes deos patrios, patriam ac cives intueri eorum arma, eorum manus. Illi feroces, superbi adhortantium vocibus inter duas acies prodeunt. Signo dato, terni iuvenes magnorum exercituum animos gerentes coeunt. Ut primo concursu increpuerunt arma micantesque fulserunt gladii, horror ingens spectantes perstrinxit. Consertis deinde manibus, cum iam non solum motus corporum et agitatio anceps telorum armorumque sed vulnera quoque et sanguis spectaculo essent, duo Romani, vulneratis tribus Albanis, exespirantes interierunt alius super alium incidentes.

Livio

Per caso in quel momento nei due eserciti c’erano tre fratelli gemelli non differenti nè per età nè per forze. È noto che fossero gli Orazi e i Curiazi. I re chiesero ai tre gemelli di combattere con la spada per la propria patria. Concluso l’accordo i tre gemelli, così come si era convenuto, presero le armi. I Romani e gli Albani esortarono gli uni e gli altri, sostenendo che gli dei della patria, la patria e i concittadini osservavano le loro armi, le loro mani. Quelli intrepidi, orgogliosi per le parole di quelli che li incitavano, avanzarono in mezzo alle due schiere. Dato il segnale, i tre giovani si scontrarono mostrando l’ardimento di grandi eserciti. Appena al primo scontro le armi risuonarono e le spade sfolgorando scintillarono, una grande inquietudine invase gli spettatori. Venuti quindi alle mani, quando ormai attiravano gli sguardi non solo i movimenti dei corpi e l’incrociarsi delle armi e dei giavellotti, ma anche le ferite e il sangue, due Romani, feriti i tre Albani, spirando morirono cadendo l’uno sull’altro.