Importanza della dote presso i Romani

Cum secundo Punico bello Cn. Scipio ex Hispania senatui scripsisset, petens ut sibi successor mitteretur, quia filiam innuptam adultae iam aetatis haberet neque ei sine se dos expediri posset, senatus, ne res publica bono duce careret, patris sibi partes desumpsit, constitutaque dote, summam eius ex aerario erogavit ac puellam nuptum dedit. Dotis modus XL milia aeris fuit. Quo non solum humanitas patrum conscriptorum, sed etiam habitus (= «la misura») veterum patrimoniorum cognosci potest. Namque (patrimonia) adeo fuerunt arta ut Tuccia, Caesonis filia, maximam dotem ad virum X milia aeris attulisse visa sit, et Megullia, quia cum quinquaginta milibus aeris mariti domum intravit, «Dotatae» cognomen habuerit. Senatus etiam Fabricii, Luscinique filias ab indotatis nuptiis vindicavit, quoniam paternae hereditati praeter opimam gloriam nihil erat quod acceptum referrent.

Maiorum Lingua – Nuovo comprendere e tradurre – Valerio Massimo

Poiché durante la seconda guerra Punica Gneo Scipione dalla Spagna aveva scritto al senato, chiedendo che gli venisse mandato un sostituto, perché aveva una figlia nubile ormai grande e senza di lui non le si poteva assicurare una dote, il senato, affinché lo Stato non venisse privato di un buon condottiero, si assunse le funzioni di un padre, e, stabilita la dote, erogò dalla tesoreria la somma per lui e diede in moglie la fanciulla. L’entità della dote fu di 40.000 assi. Da ciò si può capire non solo l’umanità dei senatori, ma anche la misura degli antichi patrimoni. Infatti i patrimoni furono talmente limitati che Tuccia, figlia di Cesone, sembrò che avesse portato al marito la dote massima di 10.000 assi, e Megullia, poiché entrò nella casa del marito con 50.000 assi, ottenne il soprannome di “Dotata”. Il senato preservò anche le figlie di Fabrizio e di Luscino da matrimoni senza dote, dal momento che non vi era nulla nell’eredità paterna, al di là del vanto delle spoglie opime, che, dopo esser stato acquisito, offrissero.