In battaglia non bisogna eccedere nell’audacia

Postero die Caesar contione advocata temeritatem cupiditatemque militum reprehendit, quod sibi ipsi iudicavissent quo procedere videretur, neque signo recipiendi dato constitissent neque a tribunis militum legatisque retineri potuissent. Exposuit quid iniquitas loci posset, et quid ipse ad Avaricum sensisset, cum, sine duce et sine equitatu deprehensis hostibus, exploratam victoriam dimisisset, ne parvum modo detrimentum in contentione propter iniquitatem loci accideret. «Quanto opere », inquit, «vestri animi magnitudinem admiror, quos non castrorum munitiones, non altitudo montis, non murus oppidi tardare potuisset, tanto opere licentiam arrogantiamque reprehendo; nec minus a milite modestiam et continentiam quam virtutem atque animi magnitudinem desidero».

Cesare

Il giorno seguente Cesare, convocata un’assemblea, rimproverò l’avventatezza e la bramosia dei soldati, poiché essi stessi avevano giudicato per sé fin dove fosse opportuno si dovesse avanzare e, nonostante fosse stato dato il segnale della ritirata, non si erano fermati e non erano potuti essere trattenuti dai tribuni militari e dai luogotenenti. Spiegò cosa potesse l’avversità del luogo, cosa che egli stesso aveva sperimentato presso Avarico, quando, sorpresi i nemici senza comandante e senza cavalleria, aveva rinunciato ad una vittoria assaporata, affinché nello scontro non capitasse neppure un piccolo danno per l’avversità del luogo. Disse: «Quanto ammiro la grandezza del vostro coraggio, che né le fortificazioni dell’accampamento, né l’altezza del monte, né il muro della città aveva potuto fermare, tanto rimprovero la (vostra) insubordinazione e arroganza; da un soldato richiedo non meno moderazione e temperanza che valore e grandezza d’animo».