Seneca consola il liberto Polibio per la morte del fratello

Si cogitas multa esse, quae fratri tuo mors eripuit, cogita plura esse, quae non timet: non ira eum torquebit, non morbus ei minabitur, non suspicio lacesset, non edax invidia consectabitur, non metus sollicitabit, non levitas Fortunae inquietabit. Gaudet nunc apertum et liberum caelum, et nunc libere loco beato vagatur omniaque rerum naturae bona cum summa voluptate perspicit. Erras: non perdidit lucem frater tuus, sed sinceriorem sortitus est. Omnibus nobis moriendum est: quid fata deflemus? Non reliquit ille nos, sed antecessit. Nihil certi est hominibus: quis divinare potest utrumne fratri tuo mors inviderit an faverit?

Seneca

Se pensi che ci sono molte cose che la morte ha tolto a tuo fratello, pensa che ce ne sono parecchie che non teme: l’ira non lo tormenterà, la malattia non lo minaccerà, il sospetto non lo assalirà, la vorace invidia non lo perseguiterà, la paura non lo affliggerà, l’incostanza della Fortuna non lo turberà. Ora gode di un cielo libero e aperto, e ora vaga liberamente in un luogo felice e con grandissimo diletto osserva tutti i beni della natura. Sbagli: tuo fratello non ha perso la luce, ne ha ottenuta una più pura. Tutti noi dobbiamo morire: perché piangiamo il destino? Egli non ci ha lasciato, ma ci ha preceduto. Per gli uomini non vi è nulla di certo: chi può presagire se la morte sia stata ostile o abbia favorito tuo fratello?