Inizio della storia di Alessandro: la resa di una città

Inter haec Alexander ut conduceret ex Peloponneso milites, Cleandro cum pecunia misso Lyciae Pamphyliaeque rebus compositis, ad urbem Celaenas profectus est et exercitum admovit. Media illa tempestate moenia interluebat Marsyas amnis, quem carminibus Graeci poetae fabulosum arbitrabantur. Fons eius cum ex summo montis cacumine egreditur in subiectam petram magno strepitu aquarum cadit; inde difusus circumiectos rigat campos, liquidus et suas dumtaxat undas trahens. Ceterum quamdiu intra muros luit, nomen suum retinet; at cum extra munimenta egreditur, maiore vi ac mole agentem undas Lycum appellant. Alexander quidem, cum urbem destitutam ab suis ingressus esset, arcem vero, in quam confugerant, oppugnare adortus est et caduceatorem praemisit. Cives caduceatorem in turrem et situ et opere multum editam perduxerunt, ut quanta esset altitudo intueretur, deinde imperaverunt ut nuntiaret Alexandro haec verba: “Non eadem tu ipse et nos aestimatione munimenta metimur: nos inexpugnabiles sumus et ad ultimum pro ide moriemur.” Sed quia circumdabatur arx et omnia sibi in dies artiora erant, sexaginta dierum indutias pacti sunt: “Nisi intra eos dies auxilium Dareus ipse miserit, nos non tuebimur et dedemus urbem”; postquam nihil inde praesidii mittebatur, morati non sunt et ad praestitutam diem permiserunt se regi.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.334 n.7 – Curzio Rufo

Durante questi avvenimenti Alessandro, per guidare i soldati dal Peloponneso, avendo inviato Cleandro con del denaro e risolte le questioni della Licia e della Panfilia, partì per la città di Celene e spostò l’esercito. A quel tempo scorreva fra le mura il fiume Marsia, che i poeti Greci ritenevano mitico nei loro carmi. La sua sorgente quando sgorga dalla sommità di un monte cade sulla roccia sottostante con un gran fragore di acque; quindi spandendosi irriga i campi circostanti liquido ed assorbendo le sue acque non andando più in là. Del resto fino a quando scorre fra le mura mantiene il suo nome; ma quando esce fuori dalle fortificazioni, provocando onde con maggior forza e quantità d’acque, lo chiamano Lico. Alessandro, essendo entrato nella città abbandonata dai suoi [abitanti], tentò di assediare la rocca, nella quale erano fuggiti, e mandò avanti un araldo. I cittadini accompagnarono l’araldo sulla torre molto alta e per la posizione e per la fortificazione, affinché potesse rendersi conto di quanto grande fosse quell’altezza e poi gli intimarono di riferire ad Alessandro queste parole: “Tu stesso e noi non valutiamo allo stesso modo le fortificazioni: noi siamo inespugnabili e moriremo sino alla fine per questa fiducia”. Ma poiché la rocca era circondata e tutto era più difficile per loro con l’andar dei giorni, pattuirono una tregua di sessanta giorni: “Se Dario stesso non ci avrà mandato un aiuto entro quei giorni, non ci difenderemo e consegneremo la città”; dopo che nessun aiuto era stato loro inviato, non aspettarono oltre e nel giorno prestabilito si consegnarono al re.