La distruzione di Persepoli

Olim in convivio Alexander, quem vini cupiditate indulgere (+ dat.) ebrietati non pudebat, traditur dixisse: «Comites, quin (“perché non”) ergo expergiscimini? Graecarum urbium libertatem ulciscamur et Persarum regiae eorumque urbi faces subdemus». Omnes incaluerunt mero: itaque surgunt temulenti ad incendendam urbem, cui armati pepercerant (+ dat.). Primus rex ipse ignem regiae iniecit, tum convivae pelicesque. Multa cedro aedificata erat regia, quae celeriter igne concepto late fudit incendium. Quod ubi exercitus, qui haud procul urbe tendebat, conspexit, fortuitum ratus, ad opem ferendam concurrit. Sed ut ad vestibulum regiae ventum est, vident regem ipsum, qui neminem suum scelus celare studebat, adhuc faces aggerentem. Omissa igitur, quam portaverant, aqua, igni aptam materiem in incendium omnes iacere coeperunt. Hunc exitum habuit regia totius Orientis, patria tot gentium, unicus quondam Graeciae terror. Pudebat Macedones tam praeclaram urbem a comissabundo rege deletam esse. Ipsum Alexandrum, ut primum mentem quies reddidit, eius facti paenituisse constat.

Curzio Rufo

Si narra che una volta durante un banchetto Alessandro, che per la brama di vino non si vergognava di cedere all’ubriachezza, disse: “Compagni, perché dunque non vi svegliate? Vendichiamo la libertà delle città Greche e diamo fuoco alla reggia dei Persiani e alla loro città”. Tutti si erano eccitati per il vino: e così ubriachi si alzarono per bruciare la città che armati avevano risparmiato. Proprio il re per primo appiccò fuoco alla reggia, e poi i commensali e le concubine. Il palazzo reale era stato edificato in gran parte con legno di cedro, che, dopo aver preso fuoco velocemente, propagò l’incendio per un vasto tratto. Non appena lo vide l’esercito, che era accampato non lontano dalla città, pensando che fosse accidentale, accorse per portare aiuto. Ma come si giunse al vestibolo della reggia, videro il re stesso, che non cercava di nascondere nessuna sua scelleratezza, il quale aggiungeva ancora delle torce. Deposta quindi l’acqua che avevano trasportato, tutti cominciarono a gettare nell’incendio materiale adatto al fuoco. La reggia di tutto l’Oriente, la patria di tanti popoli, un tempo unico terrore della Grecia, ebbe questa fine. I Macedoni si vergognavano che una città tanto gloriosa fosse stata abbattuta dal re gozzovigliante. Risulta certo che lo stesso Alessandro, non appena il sonno gli restituì la ragione, si pentì della sua azione.