La mutilazione delle Erme ad Atene

Bello Peloponnesio, Alcibiadis consilio atque auctoritate, Athenienses bellum Syracusanis indixerunt. Ad quod gerendum ipse Alcibiades dux delectus est, duo praeterea collegae dati sunt, Nicias et Lamachus. Cum id appararetur, exercitui proficiscendum fuit, sed, priusquam classis exiret, accidit ut una nocte omnes hermae, qui in oppido erant Athenis, deicerentur praeter unum, qui ante ianuam erat Andocidis. Cum enim appareret hoc scelus non sine magna multorum consensione factum esse, multitudini magnus timor iniectus est, ne qua repentina vis in civitate orta esset ad libertatem populi opprimendam. Hoc maxime ad Alcibiadem convenire videbatur («sembrava»), quod et potentior et maior quam privatus civis existimabatur: multos enim largiendo sibi devinxerat; plures etiam causas dicendo suos reddiderat. Sic, cum in publicam prodibat, omnium oculos ad se convertebat nec quisquam ei par in civitate erat. Itaque non solum spem in eo habebant maximam, sed etiam timorem, quod et obesse et prodesse plurimum poterat. Aspergebatur etiam infamia, quod in domo sua facere mysteria dicebatur; idque non ad religionem, sed ad coniurationem pertinere existimabatur. Hoc crimimine in contione ab inimicis compellabatur, sed instababt tempus ad bellum proficiscendi.

Cornelio Nepote

Durante la guerra del Peloponneso, per consiglio ed incitamento di Alcibiade, gli Ateniesi dichiararono guerra ai Siracusani. Proprio Alcibiade fu designato come comandante per dirigerla, gli furono dati inoltre due colleghi, Nicia e Lamaco. Poichè si organizzava la guerra, l’esercito dovette partire, ma, prima che la flotta salpasse, accadde che in una sola notte tutti i busti di Mercurio, che si trovavano nella città di Atene, venissero abbattuti tranne uno, che stava davanti alla porta di casa di Andocide. Essendo evidente che questo misfatto era stato compiuto con l’ampio accordo di molti, si diffuse nella moltitudine il forte timore che in città fosse cominciato un qualche improvviso colpo di Stato per soffocare la libertà del popolo. Il sospetto sembrava ricadere soprattutto su Alcibiade, perché era ritenuto più influente e più potente di un semplice privato cittadino: infatti aveva legato a sè molti con le sue elargizioni; un numero ancora maggiore li aveva resi suoi fedeli difendendone le cause. Così, quando si mostrava in pubblico, attirava su di sè gli occhi di tutti, e nessuno in città era pari a lui. Pertanto nutrivano nei suoi confronti non solo una grandissima speranza, ma anche un grandissimo timore, perché poteva sia giovare che nuocere moltissimo. Era inoltre macchiato da una cattiva reputazione, perché si diceva che in casa sua celebrasse i misteri; e si credeva che ciò avesse come scopo non la religione, ma una cospirazione. I nemici lo accusavano in assemblea di questo crimine, ma era ormai imminente il momento di partire per la guerra.