La storia di Roma – I Deci (II)

Ferocior Decius et aetate et vigore animi, equitatum in pugnam concitat. Bis averterunt Gallicum equitatum sed Romanos conterruit novum pugnae genus; essedis superstans armatus hostis ingenti sonitu equorum rotarumque advenit et Romanorum conterruit equos. Sternit inde ruentes equos virosque improvida fuga. Vociferabatur Decius quo fugerent; obsistebat cedentibus ac revocabat fusos; deinde, ut nulla vi perculsos sustinere poterat, patrem P. Decium nomine compellans, «Quid ultra moror», inquit, «familiare fatum? Datum hoc nostro generi est ut luendis periculis publicis piacula simus. Iam ego mecum hostium legiones mactandas Telluri ac Dis Manibus dabo». Haec locutus M. Livium pontificem, quem descendens in aciem digredi vetuerat ab se, praeire iussit verba quibus se legionesque hostium devoveret. Devotus inde eadem precatione qua pater P. Decius bello Latino se iusserat devoveri, qua confertissimam cernebat Gallorum aciem, concitat equum inferensque se ipse infestis telis est interfectus.

Livio

Decio, più feroce per età e per vigore dell’animo, incitò la cavalleria alla battaglia. Respinsero due volte la cavalleria dei Galli ma il nuovo genere di battaglia atterrì i Romani; il nemico armato giunse stando sopra i carri da guerra, con grande strepito di cavalli e di ruote, e spaventò i cavalli dei Romani. L’imprudente fuga rovesciò a terra cavalli e uomini che correvano. Decio urlava dove fuggissero; si contrapponeva a quelli che si ritiravano e richiamava i dispersi; poi, poiché non poteva trattenere con nessuna forza gli spaventati, apostrofando per nome il padre Publio Decio, disse: «Perché impedisco oltre il destino familiare? Ciò è stato dato alla mia stirpe, di essere i capri espiatori nello scontare i pericoli pubblici. Ora assieme a me darò in sacrificio (= lett: “da sacrificare”) alla Terra e agli dèi Mani le legioni dei nemici». Dopo aver detto queste cose, ordinò al pontefice Marco Livio, al quale, mentre scendeva in campo, aveva vietato di allontanarsi da sé, di recitare le parole con cui offriva se stesso e le legioni dei nemici. Quindi, essendosi votato con la stessa invocazione con cui il padre Publio Decio durante la guerra Latina aveva ordinato fosse votato, spronò il cavallo dove vedeva la schiera dei Galli più serrata e, lanciandosi tra i dardi ostili, fu ucciso.