La storia di Roma – Marco Marcello (II)

Marcellus, ut moenia ingressus ex superioribus locis urbem omnium ferme illa tempestate pulcherrimam subiectam oculis vidit, inlacrimasse dicitur partim gaudio tantae perpetratae rei, partim vetusta gloria urbis. Atheniensium classes demersae et duo ingentes exercitus cum duobus clarissimis ducibus deleti occurrebant et tot bella cum Carthaginiensibus tanto cum discrimine gesta, tot tam opulenti tyranni regesque, praeter ceteros Hiero, cum recentissimae memoriae rex, tum ante omnia quae virtus ei fortunaque sua dederat beneficiis in populum Romanum insignis. Ea cum universa occurrerent animo subiretque cogitatio iam illa momento horae arsura omnia et ad cineres reditura, priusquam signa Achradinam admoveret, praemittit Syracusanos qui intra praesidia Romana, ut ante dictum est, fuerant, ut adloquio leni perlicerent hostes ad dedendam urbem.

Livio

Si racconta che Marcello, quando, entrato nelle mura, dalle alture vide sotto i suoi occhi la città in quel periodo forse la più bella di tutte, abbia pianto, in parte per la gioia di una così grande impresa compiuta, in parte per l’antica gloria della città. Gli venivano in mente le flotte affondate degli Ateniesi e i due enormi eserciti annientati insieme a due celeberrini condottieri e le tante guerre combattute contro i Cartaginesi con così grave pericolo, tanti tiranni e re così potenti, più di ogni altro Gerone, non solo re di freschissimo ricordo, ma anche, prima di tutte le cose che il suo valore e la sua buona sorte gli avevano procurato, insigne per i servizi in favore del popolo Romano. Mentre si presentavano alla mente tutte queste cose e gli veniva il pensiero che tutto questo ora in un attimo sarebbe bruciato e si sarebbe ridotto in cenere, prima di attaccare l’Acradina, mandò avanti i Siracusani che erano rimasti nelle guarnigioni Romane, come si è detto prima, affinché inducessero con un mite discorso i nemici a consegnare la città.