La strage di Vaga

Iugurtha postquam bellum incipit, cum magna cura parare omnia, festinare, cogere exercitum, civitatis, quae ab se defecerant, formidîne aut ostentando praemia adfectare, communire suos locos, arma, tela, servitia Romanorum allicere et eos ipsos qui in praesidiis erant pecunia temptare, prorsus nihil intactum neque quietum pati, cuncta agitare. Igitur Vagae, quo Metellus praesidium imposuerat, principes civitatis inter se coniurant; nam vulgus, ut plerumque solet, et maxime Numidarum, ingenio mobili, seditiosum atque discordiosum erat, cupidum rerum novarum, quieti et otio adversum. Dein, die festo, centuriones tribunosque militares et ipsum praefectum oppidi Turpilium Silanum alius alium domos suas invitant; eos omnes praeter Turpilium inter epulas obtruncant. Postea milites palantes inermos, ut solet in tali die, aggrediuntur. Idem plebei faciunt, alii edocti ab nobilitate alii studio talium rerum incitati.

Maiorum Lingua C – Pag.169 n.247 – Sallustio

Giugurta, dopo l’inizio della guerra, preparava tutto con grande cura, accelerava, radunava l’esercito, minacciava con la paura o con l’ostentazione di ricompense le città che erano passate contro di lui, proteggeva le sue zone, attirava armi, lance, schiavi dei Romani e tentava con il denaro persino coloor che si trovavano nelle guarnigioni, non tollerava insomma che qualcosa restasse non scalfito o tranquillo, si dava completamente da fare. A Vaga, dunque, dove Metello aveva stabilito una guarnigione, i capi della città cospirano tra loro; la massa, come perlopiù suole accadere, e soprattutto quella dei Numidi, volubile, era incline alle rivolte e alla discordia, avido di sovversioni, avverso alla quieta inerzia. In seguito, in un giorno di festa, ora l’uno l’ora altro invitano i centurioni, i tribuni militari e lo stesso prefetto della città, Turpilio Silano, nelle loro case; tutti, ad eccezione di Turpilio, vengono ammazzati durante il banchetto. Successivamente aggrediscono i pochi soldati inermi, come suole accadere in tale giorno. Lo stesso fanno al popolo, alcuni istruiti dai nobili, altri eccitati dalla passione per tali gesti.