Le rane chiedono un re (1)

Athenis olim iustae normae florebant, sed repente tyrannus Pisistratus oppidum occupabat: Attici flebant non malo tyranno, sed quod servitio assueti non erant et gemebant. Aesopus tum fabellam narrabat. «Ranae vagabant liberae in stagno et regem petebant ab Iove, quia dissolutam vitam compescere desiderabant». Deus ridebat et ranis dabat parvum tigillum: id terrebat pavidas bestiolas sono suo. Quia tigillum iacebat diu immotum in limo, forte quaedam rana tacite levabat e stagno oculos et lignum explorabat.

Grammatica Picta (1) – Pag.124 n.23

Un tempo ad Atene vigevano leggi giuste, ma, all’improvviso, il tiranno Pisistrato si impossessava della città: gli Attici si addoloravano, non per il malvagio tiranno, ma perché non erano abituati alla schiavitù, e si lamentavano. A quel punto Esopo raccontava una breve favola. Le rane si aggiravano libere in uno specchio d’acqua e chiedevano a Giove un re, poiché desideravano mettere un freno alla vita dissoluta. Il dio sorrideva e gettava alle rane un piccolo travicello (ossia: “un bastoncino”): questo, con il suo rumore, spaventava le bestiole timorose. Poiché il travicello giaceva per lungo tempo immobile nel fango, per caso una rana, in silenzio, sollevava gli occhi dallo stagno ed esaminava il pezzo di legno.