Momenti di disperazione (I)

O me perditum, o afflictum! Quid enim? rogem te ut venias, mulierem aegram et corpore et animo confectam? Non rogem? sine te igitur sim? Opinor, sic agam: si est spes nostris reditus, eam confirmes et rem adiuves; sin, ut ego metuo, transactum est, quoquo modo potes, ad me fac venias. Unum hoc scito: si te habebo, non mihi videbor plane perisse. sed quid de Tulliola mea fiet? Iam id vos videte; mihi deest consilium. Sed certe, quoquo modo se res habet, illius misellae et matrimonio et famae serviendum est. Quid? Cicero meus quid aget? Iste vero sit in sinu semper et complexu meo. Non queo plura iam scribere; impediit maeror. Tu quid egeris, nescio: utrum aliquid reneas an, quod metuo, plane sis spoliata.

Comprendere e Tradurre (2) – Pag.363 n.2 – Cicerone

Sono un uomo rovinato, un uomo abbattuto! Come potrei chiederti di raggiungermi, donna malata e stremata nelle forze fisiche e morali? Non te lo chiederò? Rimarrò dunque senza di te? Penso di fare così: se esistono speranze di un mio ritorno, rafforzale e datti da fare in questo senso; se, come temo, la partita è chiusa, cerca di raggiungermi a qualsiasi costo. Questo solo sappi bene: se ti avrò con me, non mi sembrerà di aver perso tutto. Ma che avverrà della mia piccola Tullia? Vedete ormai voi, io non so che ben fare. In ogni caso, è certo che quella poverina deve tener conto sia del suo matrimonio che della sua reputazione. E poi, che farà il mio Cicerone? Egli sì vorrei fosse sempre sulle mie ginocchia, fra le mie braccia. Non posso scrivere oltre, a questo punto; me lo impedisce lo sconforto. Cosa tu faccia lo ignoro, se possiedi qualcosa o, come temo, sia stata spogliata di tutto.