Orazio Còclite

Haud negaverim hoc uno momento Romam libertatem amittere potuisse. Etruscis in urbem ponte Sublicio inrumpentibus, Horatius Cocles extremam eius partem occupavit totumque hostium agmen, donec post tergum suum pons a suis abrumperetur, infatigabili pugna sustinuit. Tandem, ut patriam periculo inminenti liberatam vidit, armatus se in Tiberim misit. Cuius fortitudinem dii immortales – nam sine ope divina tantum ei non licuisset – admirati incolumitatem sinceram ei praestiterunt: nam neque altitudine deiectus vel quassatus, nec pondere armorum pressus, ne telis quidem, quae undique congerebantur, laesus, enavit integer. Unus itaque tot civium, tot hostium in se oculos convertit, stupentes illos admiratione, hos inter laetitiam et metum haesitantes.

Valerio Massimo

Non potrei negare che in quest’unico momento Roma avrebbe potuto perdere la libertà. Quando gli Etruschi facevano irruzione in città dal ponte Sublicio, Orazio Coclite occupò la parte finale di esse e con un’infaticabile battaglia fece fronte all’intera schiera dei nemici, finché il ponte fu tagliato dai suoi alle sue spalle. Infine, come vide la patria liberata dall’imminente pericolo, si tuffò armato nel Tevere. Gli dèi immortali – infatti senza l’aiuto divino non gli sarebbe stata possibile un’impresa tanto grande – essendosi meravigliati del coraggio di costui, gli garantirono l’assoluta incolumità: infatti né ucciso o abbattuto dall’altezza, né schiacciato dal peso delle armi, neppure ferito dalle frecce, che venivano scagliate da ogni parte, fuggì a nuoto sano e salvo. Pertanto lui solo rivolse su di sé gli occhi di tutti i cittadini, di tutti i nemici, quelli restando stupiti per l’ammirazione, questi esitanti tra la gioia e la paura.