Relatività della vita umana

“Non enim” inquit Aper “inauditum et indefensum sae- culum nostrum patiar hac vestra conspiratione damnari: sed hoc primum interrogabo, quos vocetis antiquos, quam oratorum aetatem significatione ista determinetis. Ego enim cum audio antiquos, quosdam veteres et olim natos intellego, ac mihi versantur ante oculos Ulixes ac Nestor, quorum aetas mille fere et trecentis annis saeculum nostrum antecedit: vos autem Demosthenem et Hyperidem profertis, quos satis constat Philippi et Alexandri temporibus floruisse, ita tamen ut utrique superstites essent. Ex quo apparet non multo pluris quam trecentos annos interesse inter nostram et Demosthenis aetatem. Quod spatium temporis si ad infirmitatem corporum nostrorum referas, fortasse longum videatur; si ad naturam saeculorum ac respectum inmensi huius aevi, perquam breve et in proximo est.

Esperienze di traduzione – Pag.81 n.8 – Tacito

«Certo non permetterò,» intervenne Apro, «che la nostra generazione subisca da questa vostra cospirazione una condanna senza essere stata ascoltata e difesa. Ma prima vi domanderò chi sono quelli che voi chiamate antichi e quale fase dell’oratoria voi designate usando questa parola. Infatti, quando sento parlare degli antichi, intendo persone di un lontano passato, nate molto tempo addietro, e mi si presentano davanti agli occhi Ulisse e Nestore, la cui epoca precede di quasi mille e trecento anni il nostro tempo. D’altra parte, voi citate Demostene e Iperide che, com’è noto, fiorirono all’epoca di Filippo e di Alessandro, anche se poi sono sopravvissuti a entrambi. Perciò risulta evidente che tra la nostra età e quella di Demostene non sono intercorsi molto più di trecento anni: un periodo che può forse sembrare lungo, se rapportato alla fragilità dei nostri corpi; ma rispetto alla durata dei secoli e alla considerazione che questo tempo non ha limiti, è assolutamente breve e quanto mai a ridosso di noi.