Roma tra discordie interne e rivolte esterne

Quae profecto orta esset – adeo tribuni iam ferocem per se plebem criminando in primores civitatis instigabant -; sed externus timor, maximum concordiae vinculum, quamvis suspectos infensosque inter se iungebat animos. Id modo non conveniebat quod senatus consulesque nusquam alibi spem quam in armis ponebant, plebes omnia quam bellum malebat. Sp. Nautius iam et Sex. Furius consules erant. Eos recensentes legiones, praesidia per muros aliaque in quibus stationes vigiliasque esse placuerat loca distribuentes, multitudo ingens pacem poscentium primum seditioso clamore conterruit, deinde vocare senatum, referre de legatis ad Cn. Marcium mittendis coegit. Acceperunt relationem patres, postquam apparuit labare plebis animos; missique de pace ad Marcium oratores .

Esperienze di traduzione – Pag.265 n.3 – Livio

E così sarebbe stato: infatti i tribuni, con le loro invettive, stavano facendo di tutto per istigare la plebe, già di per sé infuriata, contro i patrizi. Solo la paura del nemico, massimo vincolo di concordia nonostante la diffidenza reciproca, riusciva a tenere uniti gli animi di tutti. Su una questione non erano d’accordo: il senato e i consoli non vedevano altre speranze che nelle armi, mentre la plebe avrebbe scelto qualsiasi altra cosa piuttosto che la guerra. I consoli in carica erano Spurio Nauzio e Sesto Furio. Mentre stavano passando in rassegna le legioni e piazzando delle guarnigioni sulle mura e nei punti in cui avevano stabilito di collocare dei posti di guardia e delle sentinelle, una folla di dimostranti favorevoli alla pace, in un primo tempo li spaventò con grida di rivolta e quindi li costrinse a convocare il senato perché inviasse degli ambasciatori a Gneo Marzio. I senatori accolsero la proposta quando si accorsero che il morale della plebe stava precipitando e mandarono a Marzio degli inviati per trattare la pace.