Tre oratori a confronto

Nam postero die quam Curiatius Maternus Catonem recitaverat, cum offendisse potentium animos diceretur, tamquam in eo tragoediae argumento sui oblitus tantum Catonem cogitasset, eaque de re per urbem frequens sermo haberetur, venerunt ad eum Marcus Aper et Iulius Secundus, celeberrima tum ingenia fori nostri, quos ego utrosque non modo in iudiciis studiose audiebam, sed domi quoque et in publico adsectabar mira studiorum cupiditate et quodam ardore iuvenili, ut fabulas quoque eorum et disputationes et arcana semotae dictionis penitus exciperem, quamvis maligne plerique opinarentur, nec Secundo promptum esse sermonem et Aprum ingenio potius et vi naturae quam institutione et litteris famam eloquentiae consecutum. Nam et Secundo purus et pressus et, in quantum satis erat, profluens sermo non defuit, et Aper omni eruditione imbutus contemnebat potius litteras quam nesciebat, tamquam maiorem industriae et laboris gloriam habiturus, si ingenium eius nullis alienarum artium adminiculis inniti videretur.

Esperienze di traduzione – Pag.149 n.6 – Tacito

Era il giorno seguente a quello in cui Curiazio Materno aveva fatto pubblica lettura del suo Catone, quando correva voce che i potenti si fossero adombrati per il modo in cui, nel trattare quell’argomento tragico, si era dimenticato di sé, per pensare solo come Catone. Molto si parlava di questo fatto nella città, quando andarono da lui Marco Apro e Giulio Secondo, luminari allora del nostro foro, entrambi i quali io ascoltavo attentamente non solo nei processi, ma che frequentavo anche nella vita privata e in pubblico per l’appassionato desiderio di apprendere e acceso da giovanile entusiasmo. Ero al punto da raccogliere avidamente anche le loro conversazioni private e le dissertazioni e le confidenze sui segreti esercizi della parola, benché molti, malignamente, ritenessero che l’eloquio di Secondo non fosse fluido e che Apro avesse ottenuto rinomanza nell’eloquenza più per talento innato e per forza naturale che grazie a un solido tirocinio culturale. La verità è che Secondo poteva vantare un linguaggio limpido e conciso e fluente quanto bastava; Apro, da parte sua, pur fornito di vasta erudizione, più che ignorare, spregiava la cultura letteraria, convinto di ottenere maggior credito di abnegazione e di impegno se si pensava che il suo talento naturale non aveva bisogno di puntellarsi ad altro tipo di sapere.