Ulisse e Polifemo
Polyphemo cyclopi, Neptuni filio, unus (= un solo) oculus in fronte erat. Horrendum monstrum carnem humanam edebat. Ulixem cum sociis eius in spelunca sua inclusit. Vir, calliditate sua notus, tunc cyclopem vino inebriavit et ei (= gli) dixit: «Nemo (= Nessuno) nomen meum est». Postea, ut (= appena) monstrum obdormivit, eum (= lo) excaecavit trunco acuto et fervido. Statim cyclops dolore eiulavit, clamoribus suis ceteros cyclopes convocavit et dixit magna voce: «Nemo me excaecavit!». Responderunt: «Si nemo te excaecavit, cur clamas? Noli nos adfligere (= Non ci importunare)!». Ita Polyphemus a comitibus suis relictus est. Interea Ulixes sociique e spelunca fugerunt et vitam servaverunt.
Il ciclope Polifemo, figlio di Nettuno, aveva un solo occhio sulla fronte. L’orrendo mostro mangiava carne umana. Rinchiuse Ulisse con i suoi compagni nella sua grotta. L’uomo, noto per la sua furbizia, ubriacò allora il ciclope con il vino e gli disse: «Il mio nome è Nessuno». Poi, appena il mostro si addormentò, lo accecò con un tronco appuntito e rovente. Subito il ciclope gridò dal dolore, chiamò gli altri ciclopi con le sue urla e disse a gran voce: «Nessuno mi ha accecato!». Risposero: «Se nessuno ti ha accecato, perché gridi? Non ci importunare!». Così Polifemo fu abbandonato dai suoi compagni. Nel frattempo Ulisse e i compagni fuggirono dalla grotta e salvarono la vita.
