Un aquilifero sprona i suoi commilitoni a resistere all’assalto dei nemici

Quae fugientes conspicatae neque suo adventu iis animum adferre potuerunt neque ipsae hostium impetum tulerunt. Itaque quodcumque subsidii addebatur, id corruptum timore fugientium terrorem et periculum augebat; hominum enim multitudine receptus impediebatur. In eo proelio cum gravi vulnere esset affectus aquilifer et a viribus deficeretur, conspicatus equites nostros, «Hanc ego – inquit (“disse”) – et vivus multos per annos magna diligentia defendi et nunc moriens eadem fide Caesari restituo. Nolite, obsecro, committere, quod ante in exercitu Caesaris non accidit, ut rei militaris dedecus admittatur, incolumemque ad eum deferte». Hoc casu aquila conservatur omnibus primae cohortis centurionibus interfectis praeter principem priorem.

Cesare

Costoro, pur avendo visto i fuggitivi, non poterono incoraggiarli col loro arrivo ed essi stessi non sostennero l’attacco dei nemici. Quindi ogni rinforzo, che era inviato in aiuto, intimorito dal panico dei fuggitivi, accresceva la paura e il pericolo; infatti la ritirata veniva ostacolata dalla gran massa di uomini. In quella battaglia un aquilifero, mentre era spossato da una grave ferita e le forze lo abbandonavano, avendo visto i nostri cavalieri, disse loro: “Io, da vivo, per molti anni ho difeso con grande abnegazione questo simbolo ed ora, morente, lo restituisco a Cesare con la stessa fedeltà. Vi scongiuro, non permettete che si lasci entrare, cosa che prima non è mai accaduta nell’esercito di Cesare, il disonore militare, e riportatelo intatto a lui”. In questa situazione difficile l’aquila fu salvata, sebbene venissero uccisi tutti i centurioni della prima coorte eccetto il comandante della prima centuria dei principi.