Un tentativo di corruzione ai danni di Tebe

Temptata est Epaminondae Thebani abstinentia a Diomedonte Cyziceno: nam rex Artaserses Epaminondam corrumpere studebat patriae damno. Itaque Diomedon cum magno auri pondere Thebas veniens, Micythum, adulescentem pulchritudine eximium, quem tum Epaminondas diligebat, pecunia ad suam voluntatem perduxit. Micythus Epaminondam convenit et Diomedontis donum ostendit. At Epaminondas: «Si rex poscit Thebanis utilia, gratis facere sum paratus; sin autem Thebanis contraria, non sufficit omne aurum quod in fisco regis est. Nam orbis terrarum divitias sperno pro patriae caritate». Diomedonti postea aurum restituens, quaesivit: «Tibi praesidio satellites incolumitatis causa dabo, et Athenas tutus cum divitiis tuis contendes».

Grammatica Picta (1) – Pag.192 n.29

L’integrità del Tebano Epaminonda venne messa alla prova da Diomedonte di Cizico: infatti, il re Artaserse desiderava corrompere Epaminonda a danno della patria. E così Diomedonte, giungendo a Tebe con un grande carico d’oro, per mezzo del denaro reclutò per il proprio proposito Micito, un giovinetto straordinario quanto a bellezza, che all’epoca Epaminonda amava. Micito incontrò Epaminonda, e mostrò il dono di Diomedonte. Ma Epaminonda (disse): Se il re chiede cose vantaggiose per i Tebani, sono pronto a farle senza una ricompensa, se invece (chiede cose) dannose per i Tebani, non basta tutto l’oro che si trova nell’Erario del re. Infatti, a fronte dell’affetto per la patria, io disdegno la ricchezza del mondo. Più tardi, restituendo l’oro a Diomedonte, (lo) pregò: Ti darò, ai fini della (tua) sicurezza, delle guardie del corpo come difesa, e ti dirigerai sicuro ad Atene con la tua ricchezza.