A Roma la paura alimenta i culti stranieri

Quo diutius trahebatur bellum et secundae adversaeque res animos hominum variabant, tanta religio, et ea magna ex parte externa, civitatem incessit ut aut homines aut dei repente alii viderentur facti. Nec iam in secreto modo atque intra parietes abolebantur Romani ritus, sed in publico etiam ac foro mulierum turba erat quae nec sacrificarent nec deos patrio more precarentur. Sacrificuli ac vates ceperant hominum mentes quorum numerum auxit rustica plebs, egestate et metu in urbem compulsa. Primo secretae bonorum indignationes exaudiebantur; deinde ad patres etiam ac publicam querimoniam excessit res. Incusati ab senatu aediles triumvirique capitales quod id non prohiberent, cum emovere eam multitudinem e foro ac disicere apparatus sacrorum conati essent, prope violati sunt. Tandem M. Aemilio praetori negotium ab senatu datum est ut eis religionibus populum liberaret.

Livio

Quanto più a lungo la guerra si prolungava e gli avvenimenti favorevoli e sfavorevoli mutavano gli animi degli uomini, una tanto grande superstizione, e per gran parte straniera, invase la città che sembrava che all’improvviso o gli uomini o gli dèi fossero diventati altri. Né già soltanto in segreto e tra le pareti domestiche si abolivano i riti Romani, ma anche in pubblico e nel foro c’era una moltitudine di donne che né sacrificava né pregava gli déi secondo la consuetudine della patria. I sacrificatori e gli indovini si erano impossessati delle menti degli uomini, il numero dei quali accrebbe la plebe rurale, spinta in città dalla povertà e dalla paura. Inizialmente si udivano le segrete manifestazioni di sdegno degli uomini perbene; poi la cosa si estese fino ai senatori e alla lamentela pubblica. Gli edili e i triumviri capitali (= triumviri incaricati della detenzione dei criminali e delle esecuzioni capitali) accusati dal senato poiché non vietavano ciò, avendo tentato di cacciare quella folla dal foro e di disperdere gli apparati dei sacrifici, furono quasi oltraggiati. Infine dal senato fu dato al pretore Marco Emilio l’incarico di liberare il popolo da quelle superstizioni.