Aderbale si reca a Roma per attaccare Giugurta

“Pater nos duos ratres reliquit, tertium Iugurtham beneiciis suis putavit coniunctum nobis. Alter eorum necatus est, alterius ipse ego manus impias vix efugi. Quid agam? aut quo potissimum infelix adcedam? Generis praesidia omnia extincta sunt. Nunc ego vero exul patria, solus atque omnium honestarum rerum egens, quo adcedam aut quos appellabo? Nationesne an reges, qui omnes familiae nostrae ob vestram amicitiam infesti sunt? An quis erga nos misericordiam habere potest, qui aliquando vobis hostis fuit? Postremo Masinissa nos ita instituit, patres conscripti, ut coleremus populum Romanum, non societates, non foedera nova acciperemus. Virtute ac dis volentibus magni estis et opulenti, omnia secunda et oboedientia sunt. Frater animo meo carissime, non regnum sed fugam, exilium, egestatem et omnes has quae premunt aerumnas cum anima simul amisisti. At ego infelix, in tanta mala praecipitatus ex patrio regno, rerum humanarum spectaculum praebeo; incertus sum: quid agam, tuasne iniurias persequar (“vendicherò”) ipse auxili egens an regno consulam, cuius vitae necisque potestas ex opibus alienis pendet? Patres conscripti, per vos, per liberos atque parentes vestros, per maiestatem populi Romani, subvenite mihi misero”.

Ad Litteram – Pag.288 n.11 – Sallustio

“Nostro padre ha lasciato due figli, il terzo, Giugurta, considerò nostro familiare per sua bontà. Uno di loro fu ucciso, io stesso ho evitato a stento le empie mani dell’altro. Che farò? O dove infelice soprattutto andrò? Tutte le difese familiari sono concluse. Adesso io sono in verità esule dalla patria, solo e bisognevole di tutte le cose dignitose, a chi mi rivolgerò o chi chiamerò? Ai popoli o ai re che sono tutti avversari della nostra famiglia per l’amicizia con voi? O chi può avere indulgenza per noi, chi è stato talvolta vostro nemico? Infine Massinissa, padri coscritti, ci ha educati in modo che seguissimo il popolo Romano e non accettassimo nuove alleanze o patti federativi. Per il valore e per la volontà degli dei siete grandi e ricchi, tutto vi è favorevole e sottomesso. Fratello carissimo all’animo mio, hai perso insieme alla vita, non il regno, ma la fuga, l’esilio, la miseria e tutte quelle angosce che opprimono. Ma io afflitto, precipitato in tanti mali dal regno patrio, offro la raffigurazione di tutte le disgrazie umane; sono incerto: cosa farò, vendicherò le tue offese avendo io stesso bisogno di aiuto, o mi preoccuperò del regno, il comando di vita e di morte del quale dipende dai mezzi altrui? Padri coscritti, soccorrete me infelice per voi stessi, per i vostri figli e genitori, per la maestà del popolo Romano.”