Ars Amatoria, III, 133-148

Munditiis capimur: non sint sine lege capilli; admotae formam dantque negantque manus. Nec genus ornatus unum est: quod quamque decebit , Elegat et speculum consulat ante suum. Longa probat facies capitis discrimina puri; sic erat ornatis Laodamia comis. Exiguum summa nodum sibi fronte relinqui, Ut pateant aures, ora rotunda volunt. Alterius crines umero iactentur utroque; talis es adsumpta, Phoebe canore, lyra. Altera succinctae religetur more Dianae, ut solet, attonitas cum petit illa feras. Huic decet inflatos laxe iacuisse capillos; illa sit adstrictis impedienda comis; hanc placet ornari testudine Cyllenea; Sustineat similes fluctibus illa sinus.

Un’eleganza semplice ci piace: ma non siano senza stile le chiome, cui dà o toglie grazia la mano in moto. Non c’è un modo soltanto di pettinarsi e quello adatto a lei ciascuna scelga consultando prima lo specchio. Vuole, un volto allungato, soltanto una scriminatura esatta: così voleva avere le chiome Laudamia. Quanto ai visi rotondi, esigono che resti sulla fronte un nodo piccolino, a scoprire le orecchie. Di una donna i capelli spiomberanno sull’una e l’altra spalla, tale sei tu, cantore Febo, quando hai la lira. Potrà un’altra legarseli all’indietro, come Diana che insegue con la veste raccolta, mute e immobili fiere. E se a questa si addicono gonfi capelli sciolti sulle spalle un’altra dovrà invece stringerli intorno al capo, e quest’altra mi piace di tartaruga Cillenia adorna e porti quella i ricci come i flutti del mare.