Filippo e Menecrate

Erat Menecrates medicus superbus es arrogans, qui se similem Iovis existimabat. Olim epistulam Philippo, Macedonum regi, misit scribens: «Iuppiter Menecrates Philippo salutem dicit». Cui Philippus rescripsit: «Philippus rex Menecratem resalutat: sed consilium tibi do, perge Anticyram». Post paucos menses Philippus sumptuosas epulas paravit; inter alios convivas etiam Menecratem invitavit, cui mensam seorsum instruxit. Ante omnes convivas servi potiones et cibos delicatos apposuerunt; ante medicum autem solum tura et odores, sicut in aede, ante simulacra deorum. Primum medicus magno gaudio propter honorem exsultavit; dein autem, fame et siti laborans, cibos petivit. At rex leniter subridens: «Dei nec fame», dixit, «nec siti laborare possunt». Tali modo Philippus eius superbiam ludificavit atque punivit.

Menecrate era un medico superbo e arrogante, che si riteneva simile a Giove. Un giorno mandò una lettera a Filippo, re dei Macedoni, scrivendo: «Giove Menecrate saluta Filippo». Filippo gli rispose: «Il re della Macedonia saluta a propria volta Menecrate: ma ti do un consiglio, dirigiti ad Anticira». Dopo pochi mesi Filippo preparò un sontuoso banchetto; tra gli altri commensali invitò anche Menecrate, al quale preparò una tavola a parte. I servi davanti a tutti i commensali posero bevande e cibi raffinati; davanti al medico invece soltanto incenso e profumi, così come nel tempio, davanti alle statue degli dèi. Dapprima il medico esultò con grande gioia per l’onore; ma poi, soffrendo la fame e la sete, chiese cibi. Ma il re, sorridendo leggermente, disse: «Gli dèi non possono soffrire né la fame né la sete». In tal modo Filippo canzonò e punì la sua (= di Menecrate) superbia.