Insitutio oratoria, II, 9

[1] Plura de officiis docentium locutus discipulos id unum interim moneo, ut praeceptores suos non minus quam ipsa studia ament et parentes esse non quidem corporum, sed [2] mentium credant. Multum haec pietas conferet studio; nam ita et libenter audient et dictis credent et esse similes concupiscent, in ipsos denique coetus scholarum laeti alacres conuenient, emendati non irascentur, laudati gaudebunt, ut [3] sint carissimi studio merebuntur. Nam ut illorum officium est docere, sic horum praebere se dociles: alioqui neutrum sine altero sufficit; et sicut hominis ortus ex utroque gignentium confertur, et frustra sparseris semina nisi illa praegignenmollitus fouerit sulcus, ita eloquentia coalescere nequit nisi sociata tradentis accipientisque concordia.

Quintiliano

1. Dopo essermi dilungato sui doveri degli insegnanti, per il momento ho una sola raccomandazione da rivolgere agli alunni: di amare i propri maestri non meno degli studi stessi e convincersi che essi sono padri e madri non delle loro persone fisiche, ma delle loro menti. 2. Questo sentimento sarà di grande importanza per lo studio: così infatti essi ascolteranno volentieri, crederanno alle loro parole, desidereranno essere simili a loro, andranno a scuola contenti e motivati insieme ai compagni, non se la prenderanno quando verranno corretti, gioiranno degli elogi, e impegnandosi meriteranno grande affetto da parte degli insegnanti. 3. Se il dovere dei docenti è insegnare, quello degli alunni consiste nel mostrarsi disponibili: viceversa nessuna delle due cose ha senso senza l’altra. Come il concepimento di un essere umano è il prodotto di entrambi i genitori ed è inutile aver seminato se un solco preparato non ha accolto il seme, così 1’eloquenza non può svilupparsi, se non si è stabilita una comune intesa tra chi impartisce l’insegnamento e chi lo riceve.