La formica e la mosca

Formica et musca acriter contendebant. Musca sic incepit: «Quomodo tu mecum de gloria contendere potes (puoi)? Dum hostiae immolantur, exta praegusto, inter deum aras volito, templa perlustro. In reginarum comis sedeo, et matronarum casta oscula delibo. Nec opera nec curae me fatigant: tu autem rustica es». Formica muscae respondit: «Gloriosum sane deum convivium est, sed tu non es grata conviva, sed invisa ac importuna extranea. Aras frequentas? Reginas et matronarum oscula commemoras? Simul ac venis, te abigunt. Cum grana studiose congero, in purgamentis et fimo te video. Minime laboras? Sed divitias non habes. Nunc me lacessis sed postquam bruma supervenerit, tum silebis. Tu sine cibariis ventis gelidis obrigesces et vitam amittes, me autem copiosae latebrae recipient. Satis profecto vanam superbiam tuam refelli».

Fedro

Una formica ed una mosca discutevano animatamente. La mosca iniziò così: «Come puoi tu rivaleggiare in gloria con me? Io, mentre le vittime vengono sacrificate, pregusto le interiora, volo qua e là tra gli altari degli dei, perlustro i templi. Siedo sulle chiome delle regine e assaporo le caste boccucce delle matrone. Non mi importunano il lavoro né le preoccupazioni: tu invece sei rozza». La formica rispose alla mosca: «Il convivio degli dei è senza dubbio glorioso, ma tu non sei una commensale gradita, ma invisa e fastidiosa estranea. Frequenti gli altari? Menzioni le regine e le boccucce delle matrone? Non appena arrivi, ti cacciano via. Quando raccolgo con impegno i granelli, ti vedo sugli escrementi e sul letame. Non lavori affatto? Ma non hai ricchezza. Ora mi aggredisci, ma dopo che sarà giunto l’inverno, allora farai silenzio. Tu senza viveri ti irrigidirai per i venti gelidi e morirai, mentre la mia ricca tana mi accoglierà. Ho certamente smentito a sufficienza la tua vana superbia».