La malattia di Aristone preoccupa Plinio il Giovane

Mirareris, si interesses, qua patientia hanc ipsam valetudinem toleret, ut dolori resistat, ut sitim differat, ut incredibilem febrium ardorem immotus opertusque transmittat (saper superare). Nuper me paucosque mecum quos maxime diligit, advocavit, rogavitque ut medicos consuleremus de summa valetudinis [?]. Et medici quidem secunda nobis pollicentur; superest ut promissis deus annuat tandemque me hac sollicitudine exsolvat [?]. Habes quid timeam, quid optem. Tu quid egeris, quid agas, quid velis agere, nobis laetioribus epistulis scribe.

Plinio il Giovane

Ti stupiresti, se fossi presente, con quale pazienza sopporti questa malattia, come resista al dolore, come allontani la sete, come sappia superare, coperto e immobile, l’incredibile ardore della febbre (lett: delle febbri). Recentemente ha convocato me e, con me, pochi amici che ama moltissimo, e ci ha chiesto di consultare i medici sull’esito della (sua) malattia […]. E i medici ci promettono cose favorevoli; resta che dio accordi le promesse e mi liberi finalmente da questa preoccupazione […]. Sai cosa temo, cosa desidero. Tu, con lettere più liete, scrivici cosa hai fatto, cosa fai, cosa vuoi fare.