L’oltraggio delle Forche Caudine (seconda parte)

Nec Samnites ipsi quid sibi faciendum in re tam laeta sciebant. Pontius accitum patrem Herennium traditur rogavisse quid fieri placeret. Is, ubi audivit inter duos saltus clausum esse exercitum Romanum, dixit aut omnes esse occidendos, ut vires frangerentur, aut omnes dimittendos esse incolumes, ut beneficio obligarentur. Narrant neutram sententiam acceptam esse: interea Romani necessitate victi legatos mittere qui pacem petere iussi sunt. Pax concessa est ea lege ut omnes sub iugum ire cogerentur. Itaque paludamenta consulibus detracta, ipsique primi sub iugum missi deinde singulae legiones: circumstabant armati hostes exprobrantes illudentesque; dici potest Romanis e saltu egressis lux ipsa morte tristior fuisse: pudor fugere colloquia et coetus hominum cogebat. Sero Romam ingressi sunt et se in suis quisque aedibus abdiderunt.

Neppure i Sanniti sapevano che cosa dovessero fare in una situazione così favorevole. Si tramanda che Ponzio chiese al padre Erennio, che era stato fatto venire, cosa sembrasse opportuno che si facesse. Egli, quando udì che l’esercito Romano era bloccato tra due gole, disse che o dovevano essere tutti uccisi, affinché venissero indebolite le loro forze armate, o dovevano essere tutti lasciati andare incolumi, affinché fossero resi obbligati dal beneficio. Narrano che nessuna delle due proposte venne accolta: intanto ai Romani, vinti dalla situazione critica, fu ordinato di mandare gli ambasciatori a chiedere la pace. La pace fu concessa a patto che tutti fossero disposti a passare sotto il giogo. Quindi, tolte le divise militari ai consoli, essi stessi per primi furono mandati sotto il giogo, poi le legioni una ad una: i nemici armati li attorniavano biasimandoli e deridendoli; si potrebbe dire che per i Romani, usciti dalla gola, la luce stessa fu più dolorosa della morte: la vergogna li spingeva ad evitare le conversazioni e i concialiboli degli uomini. Entrarono a Roma di notte e ciascuno si nascose nella propria abitazione.