Roma proclama la libertà dei Greci

Isthmiorum statum ludicrum aderat. Undique convenerant, expectatione erecti qui deinde status futurus Graeciae, quae sua fortuna esset. Ad spectaculum consederant, et praeco cum tubicine in mediam aream processit et tuba silentio facto ita pronuntiat: “Senatus Romanus et T. Quinctius imperator, Philippo rege Macedonibusque devictis, liberos, immunes, suis legibus esse iubet Corinthios, Phocenses, Locrensesque omnes et insulam Euboeam et Magnetas, Thessalos, Perrhaebos, Achaeos Phthiotas”. Percensuerat omnes gentes quae sub dicione Philippi regis fuerant. Audita voce praeconis, maius gaudium fuit quam quod universum homines acciperent: mirabundi velut ad somni vanam speciem, suarum aurium fidei minimum credentes, proximos interrogabant. Revocatus praeco, cum unusquisque non audire modo sed videre libertatis suae nuntium averet, iterum pronuntiavit eadem. Tum ab certo iam gaudio tantus cum clamore plausus est ortus totiensque repetitus ut facile appareret nihil omnium bonorum multitudini gratius quam libertatem esse.

Livio

Si avvicinava il giorno stabilito dei giochi Istmici. Erano convenuti da ogni parte, sollecitati dal desiderio di sapere quale sarebbe stata in seguito la forma di governo della Grecia, quale fosse il loro destino. Si erano seduti per lo spettacolo, e un banditore con un trombettiere avanzò al centro dell’arena e, intimato il silenzio con la tromba, così annunciò ad alta voce: “Il senato Romano e il generale Tito Quinzio, vinti completamente il re Filippo e i Macedoni, ordinano che tutti gli abitanti di Corinto, della Focide, della Locride e l’isola Eubea e gli abitanti della Magnesia, della Tessaglia, della Perrebia, gli Achei della Ftiotide siano liberi, esenti da tributi, con proprie leggi”. Aveva elencato tutti i popoli che erano stati sotto il dominio del re Filippo. Udite le parole del banditore, la gioia fu più grande di quella che gli uomini potessero recepire tutta insieme: presi da meraviglia come davanti alla vana visione di un sogno, fidandosi pochissimo delle proprie orecchie, chiedevano ai più vicini. Richiamato il banditore, perché ognuno desiderava non solo udire ma anche vedere il messaggero della sua libertà, egli comunicò per la seconda volta le stesse cose. Allora, dopo la certezza, si levò infine un così grande applauso con grida gioiose e venne ripetuto tante volte, che apparve chiaramente evidente che alla moltitudine nulla tra tutti i beni era più gradito della libertà.