Seneca, ricevuto l’ordine da Nerone, si suicida

Senecae cum Paulina uxore et amicis duobus epulanti Gavius Silvanus, tribunus praetoriae cohortis, mandata imperatoris edidit. Ille, interritus, poscit testamenti tabulas. Simul lacrimas eorum ad firmitudinem revocat, rogitans ubi praecepta sapientiae sint, ubi ratio meditata per tot annos adversum imminentia sit. Postquam haec et talia disseruit, complectitur uxorem et rogat oratque ut temperaret dolori et in contemplatione vitae probae desiderium mariti toleraret. Illa sibi quoque mortem destinatam adseverat, manumque percussoris exposcit; tum Seneca: «Vitae – inquit – delenimenta monstraveram tibi; tu mortis decus mavis». Post quae eodem ictu bracchia ferro exsolvunt. Seneca, quoniam senile corpus parco victu tenuatum lenta effugia sanguini praebebat, crurum quoque et poplitum venas abrumpit; saevisque cruciatibus defessus, ne dolore suo animum uxoris infringeret atque ipse visendo uxoris tormenta ad impatientiam delaberetur, suadet in aliud cubiculum abscedere. Postremo Seneca stagnum calidae aquae introiit. Exin balneo illatus est et vapore eius exanimatus sine ullo funere solemni crematur.

Tacito

Gavio Silvano, tribuno della coorte pretoria, fece conoscere gli ordini dell’imperatore a Seneca mentre pranzava con la moglie Paolina e due amici. Quello, imperterrito, chiese le tavole del testamento. Contemporaneamente richiamò i loro pianti alla fermezza d’animo, chiedendo dove fossero i suoi precetti di saggezza, dove fosse la sua dottrina contro le avversità messa in pratica per tanti anni. Dopo aver esposto questi e altri argomenti simili, abbracciò la moglie e la pregò e implorò di mitigare il suo dolore e di sopportare il rimpianto del marito pensando ad una vita dabbene. Ella affermò che la morte era destinata anche a lei, e sollecitò con insistenza la mano del sicario; allora Seneca: “Io – disse – ti avevo indicato i lenimenti della vita; tu preferisci la dignità della morte”. Dopo queste parole con lo stesso colpo tagliarono col ferro le braccia. Seneca, poiché il suo corpo senile, smagrito per il poco cibo, consentiva al sangue una lenta fuoriuscita, tagliò anche le vene delle gambe e delle ginocchia; e sfinito da atroci sofferenze, per non abbattere l’animo della moglie con il suo dolore e per non cadere egli stesso nell’incapacità di sopportare vedendo i tormenti della moglie, la persuase a ritirarsi in un’altra stanza. Infine Seneca entrò in una vasca piena di acqua calda. Quindi venne portato nella sala da bagno e fu asfissiato dal suo vapore, fu cremato senza alcuna onoranza funebre.