Un cacciatore di testamenti (I)

Verania, vidua Pisonis, quem Galba princeps adoptavit, graviter iacebat. Ad hanc Regulus venit. Primum impudentiam hominis, qui venerit ad aegram, cuius marito inimicissimus, ipsi invisissimus fuerat! Esto, si venit tantum; at ille etiam proximus toro sedit, quo die, qua hora nata esset interrogavit. Ubi audiit, componit vultum, intendit oculos, movet labra, agitat digitos, computat. Nihil. Ut diu miserar exspectatione suspendit, «Habes – inquit – climactericum tempus, sed evades. Quod ut tibi magis liqueat, haruspicem consulam, quem sum frequenter expertus». Nec mora, sacrificium facit, adfirmat exta cum siderum significatione congruere. Illa, ut in periculo credula, poscit codicillos, legatum Regulo scribit. Mox ingravescit, clamat moriens hominem nequam perfidum ac plus etiam quam periurum, qui sibi per salutem filii peierasset. Facit hoc regulus non minus scelerte quam frequenter, quod iram deorum, quos ipse cotidie fallit, in caput infelicis pueri detestatur.

Verania, vedova di Pisone, che il principe Galba adottò, era gravemente ammalata. Regolo giunse da lei. Per prima cosa (si noti) la sfacciataggine di un uomo, che si è recato da una malata, era stato assai avverso al marito di costei, alla stessa assai odioso! E sia, se giunse solamente; ma quello sedette anche vicino al letto, le chiese in che giorno, a che ora fosse nata. Quando lo udì, ricompose il volto, rivolse gli occhi, mosse le labbra, agitò le dita, contò. Niente. Dopo che ebbe lasciato in sospeso a lungo con l’attesa la sventurata, disse: «Attraversi un momento critico, ma lo supererai. Affinché ciò ti sia più chiaro, consulterò un aruspice, che ho spesso messo alla prova». Senza indugio compì un sacrificio, sostenne che le interiora concordavano con il significato degli astri. Quella, come credula nel pericolo, chiese delle tavolette per scrivere, scrisse un lascito testamentario per Regulo. Presto peggiorò, morendo grido che era un uomo malvagio, perfido e anche più che spergiuro, lui che aveva prestato falso giuramento per sé in nome della salute del figlio. Regolo compie ciò non meno empiamente che frequentemente, poiché infiamma l’ira degli dèi, che egli stesso ogni giorno inganna, sulla vita dello sventurato figlio.