Il promesso sposo

Olim maiores sorores, quarum temperatam formositatem nulli diffamaverant populi, procis regibus desponsae iam beatas nuptias adeptae erant; Psyche autem, vidua domi residens, deflet desertam suam solitudinem, et in odium habet suam formositatem. Sic infortunatissimae filiae miserrimus pater, suspectatis caelestibus odiis et irae superum metuens, Apollinis vetustissimum percontatur oraculum, et a tanto numine precibus et victimis ingratae virgini petit nuptias et maritum. Sed Apollo respondit: «In monte summo, rex, siste puellam, veste funerea ornatam. Nec te sperare oportet generum mortali stirpe creatum, sed saevum atque ferum vipereumque malum quod pinnis volitans cuncta fatigat flammaque et ferro omne debilitat animal, quod Iuppiter ipse («persino») timet Stygiaeque tenebrae.»

Apuleio

Un giorno le sorelle maggiori, la cui bellezza modesta nessun popolo aveva divulgato, promesse in matrimonio a pretendenti di rango reale, avevano già conseguito nozze felici; Psiche invece, restando sola in casa, lamenta la sua abbandonata solitudine, e ha in odio la sua bellezza. Così l’infelicissimo padre della assai sfortunata figlia, sospettati odi celesti e temendo l’ira degli dèi, interroga l’antichissimo oracolo di Apollo, e al nume tanto potente, con preghiere e vittime, chiede nozze e un marito per la fanciulla negletta. Ma Apollo rispose: «O re, poni la fanciulla, adornata con l’abito funebre, sulla sommità del monte. Non è opportuno che tu ti aspetti un genero creato da una stirpe mortale, ma mostro terribile, crudele e a forma di drago che volando con le ali tormenta ogni cosa e debilita ogni essere vivente con il ferro e il fuoco, che persino Giove e le tenebre infernali temono».